Del Piero non c’è, Amauri pensa a Dunga E alla fine il vero Brasile è il Cagliari

nostro inviato a Torino

Addio sogni di gloria, il Cagliari è un diavolo con tutti. Con la Juve un po’ di più. Se la rosola alla griglia e se la mangia. Stesso menù riservato all’Inter, ma a San Siro era mancato un gol in più. Stavolta c’è stato, anzi sono stati tre. Numero perfetto per inginocchiare la Juve e il suo ansimante giocare. Così non si vincono i campionati, tutto d’un colpo la Juve nelle ultime settimane deve aver scontato il suo gran faticare per rimettersi in scia all’Inter. Seconda sconfitta consecutiva (non capitava da ottobre), segna con tanta fatica, sbaglia troppo in difesa. Amauri è diventato un centravanti senza colpi in canna ed ora senza la nazionale brasiliana. Dunga lo ha chiamato, la Juve non lo manderà.
Annuncio prolungato al dopo partita. Juve elettrizzata dal sfogliar di margherita di Amauri: ci vai o no? Ci vai si o no? Pomeriggio dedicato al ponzare del giocatore e magari allo studio di qualche escamotage per prendere tempo. E dire «ni», né si, né no, a Dunga, ct che ha confezionato il bocconcino avvelenato. Amauri si è trovato a dover decidere nel giro di poche ore e poco prima di una partita importante. Situazione scomoda per chiunque. La lunga attesa è stato il segnale di indecisione: sarebbe stato semplice dire subito «si». Molto più difficile dire «no». In attesa di una italianizzazione comunque destinata ad essere lontana. La federazione brasiliana ha fatto sapere di attendere una risposta della Juve che, in questo caso, poteva dire: non ve lo mando, avendone (per regolamento) pieno diritto. E tale è stata la risposta, che ha salvato il giocatore dal prendere posizione. «Abbiamo deciso noi, Amauri ha preso atto. Lui non ce l’ha chiesto. L’abbiamo tenuto fuori dalla decisione», ha spiegato Cobolli Gigli a fine partita. E il giocatore ora si sentirà più italiano ed ha consentito con il silenzio.
I botti erano arrivati dal campo. Il Cagliari ha riportato la Juve sulla terra. Quindici minuti di calcio aggressivo, quasi sempre in anticipo sul giocare macchinoso e lento degli avversari, ed ecco il gol di Biondini a mettere freddo nelle ossa più di quanto Torino avesse riservato agli intrepidi in tribuna. Difesa juventina spezzata e spazzata via: Marchionni imbambolato, Buffon incredulo e gol di testa. Questo per dire che il Cagliari ha mostrato le sue bontà, pur rischiando qualcosa (Legrottaglie prova, Marchetti replica da gatto): velocità, aggressività, sfrontata impertinenza. La Juve ha provato ad aumentare i giri del suo motore in tempi brevi. E in mezzora ha riassestato la partita ed il giocare, nonostante l’ennesimo infortunio di Zanetti. Prima Sissoko, poi Nedved, hanno tagliato a metà le resistenze sarde con azione di forza e potenza: il fustone nero con un bel colpo di testa, il biondo diavolo con una penetrazione vecchio stile.
Da quel momento tutto poteva essere più facile, specie nel gioco d’attacco dove Del Piero ha fatto il regista ma non il goleador e Amauri ha lasciato il dubbio che tanto strattonarsi fra Italia e Brasile forse non ne valeva la pena. Invece il Cagliari ha ritrovato freschezza e soprattutto spazi larghi. Squadra diabolica in certe situazioni ed ,infatti, al primo contropiede della ripresa, ecco il pari di Jeda (servito da Cossu prende la mira al volo), in un duetto da Speedy Gonzalez. La ripresa ha lasciato intravedere le difficoltà attuali della Juve e la bontà dei sardi che hanno scoperto in Lazzari e Matri le riserve della provvidenza.

Entrati loro in partita, la Juve è andata in riserva e il Cagliari in gol: tocco dell’uno (che poco prima aveva sfiorato la rete) e gol di Matri, un ex milanista, che aveva appena sostituito Acquafresca, un futuro interista. I casi del calcio. Forse non solo casi.

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