Politica

Di Pietro: conserviamo le intercettazioni Ma il Professore non risponde al telefono

Il ministro delle Infrastrutture chiede la modifica del decreto legge. Prodi: «Va bene così». Contraria anche l’opposizione

Marianna Bartoccelli

da Roma

L’ex-pm Antonio Di Pietro, oggi ministro delle Infrastrutture, cede al richiamo dei tanti colleghi di un tempo che non condividono la decisione del Governo di distruggere subito le intercettazioni illegali. E chiede la modifica del decreto al momento della conversione in legge alla Camera. Trova subito alleati ma anche oppositori in entrambi gli schieramenti. Ma primo e fondamentale no arriva dallo stesso presidente Prodi che dopo aver ricordato che il dl è stato approvato da tutti, tra cui anche Di Pietro, e condiviso dalla Cdl, taglia corto: «Non ci sono ipotesi di modifica. Il decreto va bene così com’è».
Anche dalla Cdl arriva un stop alle proposte del ministro Di Pietro. Per il vicecoordinatore di Fi, Fabrizio Cicchitto, infatti non deve esserci alcuna modifica al Dl, soprattutto nella parte che riguarda la distruzione del materiale acquisito illegalmente, altrimenti «il decreto se lo voteranno loro e addio a intesa bipartisan».
D’accordo con Di Pietro invece l’esponente ds Cesare Salvi, presidente commissione Giustizia al Senato, per il quale «il decreto va necessariamente modificato, se non addirittura lasciato cadere». Nel corso di una sua intervista a Radio radicale il senatore diessino ha sottolineato la «presunta incostituzionalità» del decreto, visto che si prevede la distruzione di un possibile corpo di reato, tesi sostenuta anche da Di Pietro e da molti magistrati, come il sostituto Armando Spataro, uno di magistrati (indaga sulla scomparsa di Abu Omar) da cui è partita l’inchiesta Telecom. Alcuni dubbi sulla completezza del dl del Governo arrivano anche dai tecnici del ministero di Giustizia, che devono mettere a punto soprattutto la parte che prevede «l’immediata distruzione», cercando di definire il concetto di «immediata», in riferimento a documenti e intercettazioni che costituiscono la prova dell’ipotetico reato di cui sono accusati gli arrestati dell’inchiesta Telecom.
Ai dubbi sollevati dal ministro Di Pietro risponde anche Fausto Bertinotti. Per il presidente della Camera «ci troviamo di fronte a una lesione grave delle democrazia e dei principi di cittadinanza» e «tutto quello che si fa per difendere la privacy è ben fatto». Sempre di Rifondazione, i senatori Giovanni Russo Spena e l’ex-pm Giuseppe Di Lello non hanno dubbi sul valore del dl di Mastella: «Il ministro Di Pietro ha torto. Non si può pensare di adoperare in alcun modo registrazioni effettuate illegalmente, neppure se contengono notizie di reato». Così anche Paolo Cento dei Verdi che considera il decreto una «scelta obbligata»: «Va difeso - risponde così a Di Pietro - perché siamo di fronte a una emergenza democratica. La distruzione dei contenuti delle intercettazioni illegali è un atto di civiltà». Diversa la posizione all’interno del gruppo verde dell’avvocato Paola Balducci, capogruppo in commissione Giustizia: «È necessario risalire alle cause delle intercettazioni illegali, nell’attesa vanno conservate adottando i massimi standard di sicurezza». Le polemiche suscitate dalla sue affermazioni fanno fare un piccolo passo indietro al ministro Di Pietro che, soprattutto dopo la risposta del premier del suo governo, si affretta a dichiarare che «comunque lui voterà il decreto», ma non rinunzia a ripetere che alcune modifiche andrebbero portate, come quella di differire la distruzione quando il materiale potrebbe servire ad alcuni Pm come fonte di prova.
Fuori dal coro dei favorevoli o contrari continua a essere l’ex-ministro Castelli. Il senatore leghista considera la norma «un decreto che non cambia nulla».

E lancia i suoi dubbi: «Sospetto che questa fretta sia dovuta al timore che nelle intercettazioni ci sia qualcosa che possa dare fastidio al governo».

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