Politica

Di Pietro usato e abbandonato

Antonio Di Pietro ha da sempre l'aria e l'atteggiamento di quello che si sente il più furbo di tutti. Apparentemente i fatti gli danno ragione. Almeno fino a ieri. Da magistrato ha sgominato la politica italiana, da politico è riuscito a determinare vita e morte di governi. Il suo segreto? Essere un furbo, appunto. Giuseppe Prezzolini divideva i vincenti in due categorie: quelli che sanno (i fessi) e quelli che riescono senza sapere (i furbi). Di Pietro appartiene certamente alla seconda, e nel tempo molta gente ha abboccato al suo amo, con risultati che già ben cinque secoli fa aveva descritto il filosofo inglese Francis Bacon: «Niente provoca più danni in uno Stato del fatto che i furbi passino per saggi».
È presto per dirlo, ma dai primi segnali anche per il leader dell'Italia dei Valori l'aria sta cambiando. L'unica cosa infatti che negli ultimi anni ha accomunato centrodestra e sinistra è il silenzio assoluto in queste ore sulla notizia che Di Pietro è indagato per truffa dalla Procura di Roma. La vicenda è nota: rimborsi elettorali, per milioni di euro, che non sarebbero finiti nelle casse del partito come obbliga la legge, ma in altre tasche.
Dalle parti del centrodestra, almeno pubblicamente, non si esulta. Da quelle del centrosinistra, anche privatamente, non si solidarizza. Pur di non affrontare il tema, le discussioni degli uomini di Bersani sono se ha ancora senso usare la parola «compagno» e il tasso di bigottismo di Rosy Bindi. Insomma è come se il furbo Di Pietro fosse improvvisamente rimasto senza nemici né amici, il peggio che può succedere a un uomo, soprattutto se come lui, soprattutto in politica. Semplicemente Tonino non esiste più. Lui ovviamente è convinto di uscirne indenne anche stavolta, di tornare presto a usare Berlusconi in chiave anti per raccogliere voti e, contemporaneamente, il bus del Pd per farsi trasportare ancora più avanti sulla strada della politica.
A questo punto però viene un dubbio. Non è che per caso la storia andrebbe letta all'inverso, cioè che in tutti questi anni l'usato sia stato lui? Paradossalmente anche il centrodestra gli deve indirettamente gratitudine. Senza Di Pietro la Prima Repubblica non sarebbe caduta e quindi Berlusconi non sarebbe entrato in politica; a Di Pietro, e al suo braccio destro De Magistris (allora pm), si deve la caduta prematura dell'ultimo governo Prodi; grazie all'incetta di voti dell'Idv, sono spariti per morte elettorale dal Parlamento tutti i partiti comunisti che ancora si aggiravano in Italia. Un bottino non da poco che l'ex pm ha consegnato gratis nelle mani del nemico.
Proprio per questo sull'altro fronte, quello della sinistra, Di Pietro è odiato. Ma anche usato per tenere viva l'illusione tra la gente che sia possibile, alleandosi con lui, vincere una elezione. In realtà così non è, ma non importa. Bersani e soci devono prendere tempo aspettando che un imprevisto cambi le carte sulla tavola della politica e renda possibile ciò che oggi non è neppure pensabile, cioè alleanze diverse piuttosto che una nuova legge elettorale più favorevole. A quel punto Di Pietro farebbe la fine che Veltroni (sbagliando i calcoli) fece fare a Bertinotti: non servi più, addio, vai da solo, nei fatti torna a casa.
La partita si gioca sui tempi, e siccome a sinistra si illudono che ormai ci siamo, cominciano a prendere le distanze dallo scomodo e infido alleato. È una gara tra furbi.

Vinca il migliore, che tanto c'è ancora molto tempo da aspettare.

Commenti