Politica

Il pm firma l’appello: date il voto a Bertinotti

Carmine Spadafora

da Napoli

«Appello per il voto a Rifondazione comunista». Sotto il titolo di un’intera pagina a pagamento vengono spiegate le ragioni per cui il partito di Bertinotti «merita di essere sostenuto».
Il messaggio elettorale è apparso due giorni fa su Metrovie, il settimanale del Manifesto. L'appello recava in calce 68 firme illustri: tra queste, quelle del regista teatrale Roberto De Simone, dello psichiatra Sergio Piro e del magistrato Nicola Quatrano. Proprio la presenza del giudice, ha suscitato non poche perplessità, negli stessi ambienti della magistratura napoletana.
Il dottor Quatrano, prima pm alla Procura di Napoli, poi giudice della indagini preliminari, oggi al Tribunale del riesame, era considerato dai cronisti di giudiziaria, all'epoca di tangentopoli, una sorta di Di Pietro napoletano. Ora contro di lui si levano le critiche di molti colleghi, come quella del procuratore generale di Napoli, Giovanni Galgano, tutt'altro che filogovernativo, anzi in passato più volte duro nei confronti del governo di centrodestra e del modo di amministrare la giustizia. Interpellato dalla stampa, l'alto magistrato ha dichiarato che «situazioni contingenti fanno ritenere opportuno un atteggiamento silenzioso». Il pg spiega infatti: «I giudici oggi devono avere un contegno non evidente, perché la manifestazione del proprio pensiero dev’essere assolutamente lecita, ma in questo momento della storia italiana non è opportuno prendere posizione in modo pubblico».
Quatrano replica sostenendo di sentirsi «libero di esprimere le mie opinioni, come tutti i cittadini». E aggiunge: «L'adesione all'appello mi è stata chiesta tempo fa e dal momento che condividevo la scelta, ho dato il mio assenso». Poi, chiosa: «La politica, quando è passione, non è una cosa sporca. Le idee non fanno male a nessuno. I giudici hanno le proprie idee, idiota sarebbe un magistrato che non ne avesse».
Quatrano nega che la sua posizione sia in conflitto con il nuovo ordinamento giudiziario, le cui norme restrittive sulle scelta eventuale dei giudici di manifestare pubblicamente le proprie opinioni politiche, sono abbastanza severe. Se il pg Galgano parla di «scelta inopportuna», il pm anticamorra, Giovanni Corona, mancato candidato per un seggio alla Camera nelle fila della Margherita, non si scompone dinanzi alla scelta di Quatrano: «Il fatto che il collega fosse orientato politicamente, non è una novità. Anzi, per certi versi costituisce una garanzia, perché la riconoscibilità politica rappresenta un elemento tranquillizzante».
Corona, rientrato recentemente in Procura dopo alcuni mesi di aspettativa per decidere sulla candidatura nel partito di Francesco Rutelli, ricorda di avere avuto «qualche problemino» al momento del suo ritorno in procura. «Un solo giornale ha sollevato il caso, discettando se fosse opportuno oppure no, che continuassi a rivestire l'incarico di sostituto. Alla fine sono tornato a essere un pm, ma ho dovuto dare l'addio alla Direzione distrettuale antimafia». Corona, titolare delle inchieste più rischiose contro la camorra, ha fatto notare che analogamente al suo caso, «nel '96, quando lo stesso Quatrano era in odore di candidatura con i Ds per la Camera, non ebbe i miei stessi problemi, al momento del rientro in procura».
Nessuna meraviglia per l'appello di Quatrano viene espressa da un suo ex collega, l'ex pm della Procura di Napoli, Luigi Bobbio, attualmente senatore di An.

«La sua scelta rappresenta il frutto avvelenato di decenni di collateralismo politico con la sinistra di una parte dei magistrati italiani».

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