Cronache

Poli, il De Rossi blucerchiato ha vent’anni

(...) E anche oggi c’è una parte di Roma che, comunque, insorgerebbe di fronte alla mia tesi.
A questo punto, dopo tutto questo pistolotto, un secondo e più sonoro chissenefrega ci starebbe tutto. Ma qui, invece, sta il punto: perchè quelle stesse giornate in cui è nato calcisticamente Daniele De Rossi le sto rivivendo con Andrea Poli. E non solo per una questione di carta di identità: Poli ha compiuto ieri vent’anni, un’età in cui di solito nella serie A italiana si sta a marcire in panchina, quando non in tribuna, quando non nella Primavera. E invece lui, Andrea, è partito sì dalla tribuna contro il Catania, per poi approdare alla panchina contro l’Udinese, ma senza giocare, per poi entrare cinque minuti contro l’Atalanta, per poi conquistarsi un quarto d’ora (straordinario, peraltro) contro il Siena, per poi giocare mezz’ora e salvarsi dal naufragio generale contro la Fiorentina, per poi partire titolare contro l’Inter. E uscire applaudito da tutto lo stadio in piedi. Insomma, un crescendo.
Insomma, un predestinato. Ma un predestinato vero. Troppo spesso la storia sampdoriana recente è stata attraversata da predestinati farlocchi, da gente con più titoli sui giornali che sufficienze in pagella. Salvatore Foti, ad esempio, da fenomeno annunciato è finito a languire nella Primavera e peggio ancora è andata ai portieri: Daniele Padelli doveva finire titolare al Liverpool e ora è in panchina nel Bari; Vincenzo Fiorillo avrebbe dovuto essere il titolare inamovibile di questa stagione, ma dopo le due partite dello scorso anno, è stato lasciato partire senza troppi rimpianti per il mondiale under 20. E grazie al Dio blucerchiato - lo stesso che ha ispirato a Stefano Rissetto un articolo del Corriere Mercantile su Antonio Cassano che è poesia pura - la porta è saldamente presidiata da Luca Castellazzi, vero fenomeno dell’inizio di stagione doriana. Ragazzo educato, perbene, che parla un buon italiano e che è uno straordinario portiere. Serve altro?
Poli, invece, è un predestinato vero. Fin dall’esordio veramente da bambino nel Treviso in B, dai primi minuti in A in blucerchiato, dalla stagione della consacrazione lo scorso anno di nuovo in B a Sassuolo, allo straordinario inizio di campionato.
Talmente predestinato da sfidare i malumori della Sud che chiede almeno dieci rigori a partita e andare da Mourinho per ammettere di aver accentuato una caduta in area dopo un intervento di Santon. Quando è uscito, Andrea si è diretto verso la panchina nerazzurra, ha parlato con il tecnico portoghese e l’ha abbracciato. Mou, poi ha spiegato: «Mi è venuto a chiedere scusa e significa che il bambino ha carattere e personalità. Perchè, da bambini, ci vuole personalità a fare una cosa del genere. Prima ha litigato, poi ha capito di avere sbagliato, ed è venuto a chiedere scusa. Nella vita servono sempre queste caratteristiche: personalità ed educazione. Poli mi piace, il bambino farà strada».


Ecco, uno che fa parlare Josè di «educazione» è senz’altro un predestinato.

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