Politica estera

"Ecco i segreti delle spie": cosa c'è dietro la strategia della Casa Bianca

L'amministrazione Biden fa sempre più ricorso alla declassificazione delle informazioni raccolte dalla proprie spie per contrastare le operazioni aggressive dei nemici dell'America

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Diffondere i segreti scoperti dalle spie americane per sventare i piani dei nemici di Washington impegnati da anni in operazioni ostili sempre più aggressive che hanno l’obiettivo di destabilizzare le democrazie occidentali. È questa la nuova strategia della Casa Bianca confermata da alti funzionari dell’amministrazione Biden ai giornalisti della rivista Time.

Quella di desecretare informazioni di intelligence in maniera selettiva non è una pratica nuova ma il programma di condivisione dei segreti degli 007 Usa ha assunto negli ultimi anni un peso senza precedenti. Basti pensare che in passato l’ufficio del Direttore della National Intelligence (Odni) riceveva appena una o due richieste al mese di declassificazione dei file delle spie. Adesso invece, tale numero è spesso raggiunto, e superato, quotidianamente.

Il primo obiettivo della strategia di Washington è Vladimir Putin. Tutto infatti è cominciato nell’ottobre del 2021 quando Biden, informato dai responsabili della sicurezza nazionale dei preparativi di un’invasione russa dell’Ucraina, decise di inviare nella Federazione William Burns, capo della Cia ed ex ambasciatore a Mosca. Lo scopo, racconta un funzionario Usa al Time, era quello di dimostrare agli avversari che gli americani erano a conoscenza dei loro piani e di privare il Cremlino dell’effetto sorpresa.

La visita del direttore della Cia non raggiunse gli esiti sperati e la Casa Bianca condivise dunque con i partner dell’Unione europea e della Nato una versione abbastanza dettagliata del dossier sulle trame dello zar. A quel punto, riscontrato un forte scetticismo da parte di diversi alleati, Biden si convinse della necessità di rendere pubbliche le informazioni di intelligence. In particolare furono il consigliere per la Sicurezza nazionale Jake Sullivan e il suo vice, Jon Finer, a guidare la declassificazione delle prove dei preparativi russi per il conflitto nell’Europa orientale fornendo al Washington Post foto, selezioni dei briefing segreti ed altri elementi di pubblico dominio. Tra gennaio e inizio febbraio l'Nsc venne a conoscenza inoltre di un piano per un attacco russo "sotto falsa bandiera” nell’est dell’Ucraina che avrebbe dovuto fornire il pretesto per una guerra contro Kiev e anche in questo caso venne autorizzata la desecretazione del relativo dossier.

Nonostante la pubblicazione dei segreti non abbia impedito né l'operazione false flag né l’invasione dell’Ucraina, da quel momento in poi l’amministrazione Biden ha espanso ulteriormente il programma. Sino ad ora esso è stato adoperato per abbassare la tensione tra la Serbia e il Kosovo, per anticipare le ritorsioni che la Cina avrebbe adottato dopo la missione a Taiwan dell’ex speaker della Camera Nancy Pelosi, per svelare l’utilizzo da parte di Hamas dell’ospedale al Shifa nella Striscia di Gaza e per mostrare il supporto fornito dall’Iran agli Houthi nello Yemen.

Non tutti sono comunque d’accordo sull’efficacia della strategia Usa. Alcuni critici degli sforzi dell’amministrazione dem hanno ricordato come, tra le altre cose, le opere di selezione delle informazioni degli 007 durante la Guerra Fredda e prima dell’invasione dell’Iraq hanno avuto ricadute pesanti sulla credibilità del sistema di spionaggio degli States. Il consigliere Sullivan difende invece la declassificazione dei dossier dell’intelligence affermando che le iniziative intraprese hanno negato al Cremlino la possibilità di costruire “false narrative” sull'Ucraina e hanno messo lo zar in una “scomoda e inusuale posizione”. Gli fa eco il portavoce della Sicurezza nazionale John Kirby secondo il quale siamo di fronte ad un vero e proprio “game changer”.

La speranza degli uomini di Biden è che la verità oltre a rendere liberi contribuisca a spuntare le armi dei nemici dell'America.

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