Confesso che, la scorsa settimana, quando ho difeso lUdc subito dopo il voto sulle missioni allestero, sapevo di andare a infilarmi in un ginepraio. Perchè anchio, con la pancia, avrei voluto strozzare Casini, Cesa e i loro. Anchio sognavo la spallata per mandare Prodi a casa e anchio ci avevo fatto la bocca. Così come anchio spero in Giovanardi.
Ma la spallata si è rivelata un miraggio e occorre ragionare sui numeri, non sulle speranze.
Carissima Maietta e carissimo Fassone, non è scaricando tutte le colpe sullUdc che si vincono le elezioni successive. Personalmente, sono convinto che forse era possibile scaricare i centristi nella scorsa legislatura, quando Follini ha creato una crisi di governo incomprensibile in nome della «discontinuità». Ora no.
Ribadisco che, oggi, gingillarsi con il mito dellautosufficienza senza Udc, rischia di essere la ripetizione del mito della spallata sullAfghanistan. Una politica virtuale, fatta di speranze, senza tener conto di numeri e di contesto. Una politica, certo, molto più bella da pensare, spesso alta e nobile e quasi sempre ispirata da buona fede negli elettori che la auspicano.
Ma il compito dei giornalisti e ancor più dei politici è anche quello di precedere gli elettori, spiegando come stanno davvero le cose e di non creare false aspettative. Anche a costo di lasciare perplessi in prima battuta gli elettori. Se Silvio Berlusconi avesse seguito, anzichè anticipare, il suo popolo, lalleanza del 2000 con la Lega non ci sarebbe mai stata e la Casa delle libertà non sarebbe mai nata. E il centrodestra sarebbe rimasto allopposizione. Puro, duro e sconfitto.
Quindi, oggi, senza Udc non si va da nessuna parte. Lo dicono i numeri.
MA IN POLITICA SERVE PAZIENZA
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