Cronache

"Abbattiamo l'albero" Minacce anarchiche alla polizia penitenziaria

Striscione contro i "secondini" dopo il caso del carcere campano. Sindacati in allarme

"Abbattiamo l'albero" Minacce anarchiche alla polizia penitenziaria

Dopo la manette e lo scandalo, arrivano le minacce. Sulla Polizia penitenziaria, investita dalle polemiche per i pestaggi e le torture nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, arriva il momento peggiore: quello in cui le colpe di un gruppo, per quanto incredibilmente folto, di colleghi si riversa sull'intero corpo. E si dà la stura a aggressioni pubbliche, al punto che i sindacati del settore denunciano: gli agenti ormai vanno al lavoro in borghese perché hanno paura di essere riconosciuti come dipendenti della Penitenziaria e di essere associati ai picchiatori del carcere campano.

Le avvisaglie c'erano già state nei giorni scorsi, quando sui profili social della sinistra radicale erano fioriti post carichi di insulti e di odio: non solo contro i 52 agenti del carcere «Uccella», protagonisti di violenze ingiustificabili, ma contro tutti i «secondini», gli uomini che nelle carceri italiane hanno l'ingrato e duro compito di mantenere l'ordine. E ieri arriva l'attacco pubblico: lo striscione che su un ponte romano, siglato con un logo anarchico, indica l'intero corpo come nemico da abbattere. «52 mele marce? Abbattiamo l'albero!», si legge sul lungo lenzuolo apparso di buon mattino su un cavalcavia della Capitale. Ed è chiaro che l'«albero» da abbattere è la Polizia penitenziaria nel suo complesso. Un corpo cui, anche nel pieno della bufera scatenata dagli arresti, il ministro della Giustizia Marta Cartabia ha riconosciuto l'abnegazione con cui - soprattutto nei mesi drammatici dell'emergenza Covid - ha fornito un contributo indispensabile alla vivibilità delle carceri e alla tenuta del sistema penitenziario.

D'altronde le carte dell'inchiesta sulle violenze all'«Uccella» raccontano in pieno le dinamiche che hanno portato ai pestaggi: una sorta di impazzimento collettivo, per alcuni aspetti simile ai fatti di Bolzaneto durante il G8, in cui alla esasperazione della «base» si è unito l'invito dei vertici, a partire dal Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, a ripristinare l'ordine nell'istituto, messo a soqquadro dalle rivolte dei detenuti. Una pressione che ha finito per suonare come un via libera a regolare i conti con i reclusi senza andare per il sottile.

Ora di quei tre giorni di follia rischiano di pagare le conseguenze i 36mila agenti di custodia di tutta Italia. «I colleghi vengono fatti oggetto di insulti per strada - dicono i portavoce del sindacato - è giusto che chi ha sbagliato paghi ma tra noi ci sono tantissimi colleghi che onorano la divisa e che ora temono per la propria incolumità». Secondo l'Usspi, uno dei sindacati di categoria, lo striscione di Roma arriva dopo giorni in cui sui siti venivano diffuse foto, nomi e a volte indirizzi di agenti della penitanziaria. E si tratta spesso di uomini e donne che nulla hanno a che fare con i fatti di Santa Maria Capua Vetere.

E dopo l'apparizione dello striscione arrivano gli endorsement della politica a favore della Penitenziaria: «Lo striscione - dice Edmondo Cirielli di Fratelli d'Italia - è la conseguenza della campagna denigratoria di questi giorni contro il corpo della Polizia penitenziaria. È inaccettabile che servitori dello Stato vengano presi di mira su giornali e televisioni senza avere la possibilità di difendersi».

E Nadia Ginetti, senatrice di Italia Viva, chiede che l'accertamento della verità sui fatti del carcere «Uccella» non infanghi servitori dello Stato che operano «con turni di lavoro disumani e sotto retribuiti».

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