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Abiti come pepli per atletiche dee greche Un salto nel tempo e Dior riparte dal 1951

L'evento allo storico stadio Panatenaico dove si tennero i primi Giochi

Atene «La Grecia è ciò che ognuno sa» scrive Henry Miller ne Il colosso di Maroussi, magistrale diario di viaggio del 1941. Maria Grazia Chiuri, direttore creativo dell'universo donna di Dior, prende saggiamente le distanze da tutti gli stereotipi ellenici per costruire una collezione Cruise 2022 di rara bellezza e modernità. La sfilata si svolge al Kallimarmaro Panatinaikon, lo stadio costruito nel 566 a. C. nello stesso marmo pentelico (cioè bianco e a grana fina) con cui vennero edificati il Partenone e il tempio di Poseidone a Capo Sounio. Sotto questi spalti nel 1896 vennero ospitati i primi giochi olimpici dell'era moderna e da allora ogni quattro anni si accende la fiaccola che dovrebbe portare nel mondo il sacro fuoco della competizione sportiva. Per lo show le fiaccole sono venti e prendono il posto del sole appena tramontato per tingere di rosa queste pietre che grondano storia. «Sono partita da qui» dice Madame Chiuri mostrando la celebre foto scattata nel 1951 da Jean Pierre Pedrazzini per Paris Match sull'Acropoli. Cinque anni dopo il bravissimo fotografo ticinese sarebbe morto a Budapest mentre documentava per il suo giornale l'invasione delle truppe sovietiche in Ungheria, ma quella sera doveva «solo» raccontare una sfilata che nella storia della moda è una pietra miliare. Le otto modelle magistralmente vestite da Christian Dior in persona sono in posa ai piedi dell'Eretteo e sembrano la logica conseguenza della ieratica bellezza delle Cariatidi. «Il peplo è senza dubbio la madre di tutti i vestiti» sostiene infatti Maria Grazia che in mezzo a tutto è la prima donna in 74 anni alla guida creativa dello storico marchio francese e la prima in assoluto ad aver messo l'emancipazione femminile al centro del dibattito della moda. Logico quindi aspettarsi un trionfo di pepli indossati da divine creature dei nostri tempi e pazienza se in questo gioco dei rimandi temporali si passa da Marlene Dietrich con un sublime tailleur pantaloni bianco di Dior alla dea madre della cultura cicladica. Da queste misteriose figure che alla fine convergono tutte nella Dea Madre pre ellenica, si arriva all'arte di Modigliani, Brancusi, Picasso, De Chirico e perfino a Casaiolas di Francesco Vezzoli. Insomma quello che si vede in passerella è un lavoro fenomenale sull'estetica di un certo tempo inquieto, il nostro, che non può fare a meno dello sport perché in questa nuova mistica della femminilità dobbiamo essere giovani, forti, libere da tutto e da tutti tranne da quei polizieschi canoni estetici che l'antica Grecia imponeva alle statue. Le nuove dee di Dior conservano comunque qualcosa della ieratica bellezza delle Cariatidi sull'Eretteo, ma camminano sicure e veloci sul «bel marmo di tutti gli ateniesi» (questo significa Kallimarmaro Panatinaikon) con le loro stupende scarpette a metà strada tra le sneakers e gli stivali da motocross. Dall'arte di saltare come un grillo su una moto nel fango prendono anche i parastinke e il gilet multitasche, ma sotto indossano una deliziosa gonnellina a pieghe e in testa hanno il classico berretto da marinaio greco con la passamaneria appositamente fatta per Dior da Mentis, storica azienda che ha ceduto i suoi telai e l'antico sapere artigianale al museo Benaki di Atene. Le 90 ragazze in passerella sfilano sulla musica eseguita dal vivo da Joanna Gika, un'artista ateniese con una voce molto simile a quella di Bjork.

Nel gran finale lo spettacolo pirotecnico illumina molte facce commosse soprattutto nel settore degli italiani perché tra la bravura della Chiuri e quella di Pietro Beccari (presidente e ceo del brand) questo successo francese ad Atene è anche un po' nostro.

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