Agli scissionisti senza nome mancano pure numeri e leader

Prime grane per l'ex fronda dem, che sta per diventare una minoranza di Si. Bersani: presto, perdiamo pezzi

Agli scissionisti senza nome mancano pure numeri e leader

Hanno deciso di definirsi movimento. E pare che a suggerirlo sia stato Massimo D'Alema, uno che con i movimenti non ha mai spartito nulla. Nemmeno quando aveva 18 anni, militava nella federazione giovanile comunista e, da lì, faceva il tiro al piattello contro qualunque cosa a sinistra si muovesse senza il visto di Botteghe oscure.

Ma a ricordarci che gli scissionisti del Pd vengono proprio da quel mondo lì, quello del partitone che si intratteneva su lessico e razionalizzazioni varie pur di non affrontare la realtà, c'è il resto del nome che potrebbe assumere il gruppo parlamentare: «Movimento per una costituente della sinistra».

Ne faranno parte 36 deputati alla Camere e 12 senatori a Palazzo Madama, tra cui i fuoriusciti dal Partito democratico, ma anche gli ex Sel che hanno lasciato Nichi Vendola. A rivelarlo ieri è stata, proprio come ai vecchi tempi, la Velina Rossa di Pasquale Laurito. Chi è abituato alle contraddizioni interne della sinistra non può sorprendersi per il contrasto tra la scelta di un nome che più effimero non si può e la personalità di chi ha deciso di animare la scissione, incline alle strutture pesanti del partito di apparato.

Contrasti che sono nel Dna della sinistra old style non rottamata. Ieri ha ironizzato su questa indefinitezza Michele Emiliano, che fino a due giorni, prima di decidere di restare nel Pd, era parte integrante del progetto. «Agli scissionisti manca tutto: tesi, strutture, nome». Affermazione in realtà un po' ingenua da chi in realtà non appartiene a quel mondo. Perché nel mondo della sinistra Doc non manca niente. Semmai c'è un eccesso di tutto.

Ecco qualche esempio con le novità di giornata sul partito in via di costituzione: sul nome quasi ufficializzato dalla Velina, ieri si è subito scatenata una guerra tra gli ex Sel e gli ex Pd. Tra le ipotesi concorrenti c'è anche un «Uguagliana e libertà», che è molto simile a Sinistra e libertà. Poi è scoppiata la grana del capogruppo. Ci contava il bersaniano/dalemiano Roberto Speranza, ma quando i parlamentari sono andati alla conta si sono accorti che la maggioranza è proprio quella degli eletti Sel e sono salite le quotazioni di Arturo Scotto, ex Sinistra e libertà.

Una nascita travagliata. Se n'è accorto anche Pierluigi Bersani che ieri nel corso di una riunione ha detto ai suoi: «Facciamo presto, ogni giorno che passa ne perdiamo qualcuno». Ed effettivamente la contabilità degli scissionisti ha registrato due perdite: Andrea Giorgis ed Enzo Lattuca, che resteranno nel Pd.

Poi c'è il dilemma di cosa fare nei confronti del governo. Difficile mettere d'accordo tutti e ieri si è arrivati ad ipotizzare una sperimentazione quello che fino ad oggi nessuno aveva osato. Un unico movimento e due gruppi parlamentari, uno che appoggia l'esecutivo e l'altro all'opposizione. Indiscrezione che circolava ieri sera. Difficile capire come potrebbe tarare le sue dichiarazioni il segretario del nuovo movimento. Segretario che, d'altro canto, ancora non c'è.

Il programma invece sì. In filigrana emerge ed emergono anche i suggeritori. Ieri il presidente della Regione Toscana Enrico Rossi ha spiegato che ci vuole una patrimoniale per finanziare opere pubbliche e misure per stabilizzare il lavoro precario. Barra a sinistra, quindi. Con più tasse e spesa pubblica in aumento.

Ieri circolava il nome del suggeritore: l'ex ministro Vincenzo Visco. Grande vecchio delle politiche economiche del Pd pre Renzi. Una garanzia di continuità e una grana in più per il governo in carica e per il Pd, condannato a confrontarsi con il nuovo movimento.

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