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Agricoltura, business, tecnologia Così rinasce il Delta del Niger

Era considerato uno dei buchi neri del pianeta, ora coltiva se stessa con il Green River Project sostenuto da Eni. E che ha già ridato speranza a oltre 120 comunità locali

La Nigeria è spesso associata al terrorismo di Boko Haram, ai rapimenti, agli attacchi agli oleodotti. Non a torto, visto che soltanto il week-end scorso il gruppo estremista ha ucciso nove persone nella cittadina di Mora, nel vicino Cameroun, e 40 persone in un attacco oltre il confine con il Chad, Paesi impegnati militarmente assieme all'esercito nigeriano contro i miliziani jihadisti.

Pochi giorni prima, il neo presidente nigeriano, Muhammed Buhari, ha firmato la finanziaria del 2016 che non presenta soltanto stanziamenti per la lotta al terrorismo, ma anche misure per la diversificazione della produzione economica da gas e petrolio. La Nigeria punta tra le altre cose sull'agricoltura, sganciandosi con coltivazioni e microcredito da una narrativa bellica e terroristica. L'obiettivo è quello di liberare il Paese dalla sua dipendenza dalle rendite di idrocarburi in un momento in cui i prezzi del greggio sono in discesa e in cui in alcune parti del territorio le stragi estremiste allontanano i contadini dalle terre.

Se ne è parlato venerdì a Expo 2015, a Casa Corriere, dove il senatore Alfredo Mantica e Lapo Pistelli, SVP Stakeolder Relations for Business Development Support di Eni, hanno discusso del Green River Project, un progetto avviato nel 1987 nella regione del Delta del fiume Niger, che ha come obiettivo il sostegno allo sviluppo agricolo nei quattro Stati dove la consociata Eni, la Nigerian Agip Oil Company, è attiva. Dall'inizio del progetto sono stati coinvolti 35mila agricoltori, 120 comunità in cui vivono 500mila persone. «Lo sfruttamento in Africa di diamanti e petrolio ha messo l'attenzione sull'agricoltura - ha detto Mantica - La produzione agricola africana potrebbe dare da mangiare a tutto il continente». Eppure, Pistelli parla di «maledizione delle risorse»: «Per molti Paesi africani la rendita petrolifera è stata una maledizione che non ha permesso lo sviluppo di altre attività produttive, è per questo che Eni da sempre ha cercato di favorire lo sviluppo e la formazione». Il caso della Nigeria è emblematico. Il sito della Fao, l'organizzazione dell'Onu per l'Alimentazione e l'Agricoltura, ricorda come benché l'agricoltura sia ancora in Nigeria il settore più importante dell'economia, impiegando due terzi della forza lavoro nazionale, il Paese abbia perso in dieci anni dieci miliardi di dollari in opportunità di esportazioni - olio di palma, cotone, cacao... - a causa del calo della produttività.

«La Nigeria era autosufficiente dal punto di vista del cibo negli anni 60... - spiegava nel 2013 in un discorso alla Columbia University il suo allora ministro dell'Agricoltura, Akinwumi Adesina - Abbiamo trovato il petrolio e siamo diventati dipendenti. In poco tempo la Nigeria è diventato un Paese importatore di cibo, spendendo 11 miliardi di dollari nell'importazione di grano, riso, zucchero e pesce».

Il crollo mondiale dei prezzi del petrolio cambia gli scenari: tra il settembre 2014 e il luglio 2015 le rendite nigeriane sono scese di due terzi. Al dibattito a Expo si è ricordato come secondo l' Economist la diminuzione dei prezzi del greggio possa avere un effetto positivo: obbligare i governi africani a puntare a una diversificazione. «L'importante sarebbe riuscire a costruire una società africana legata ancora alle tradizioni e al territorio», ha auspicato Mantica. Il progetto di Eni nel Delta del Niger prevede tra le altre cose il miglioramento dei sistemi agricoli tradizionali, l'introduzione di nuove coltivazioni, la promozione di cooperative e società e la fornitura di microcredito alle comunità rurali. Ricorda però Pistelli come anche l'elemento energetico possa essere fattore di stabilità, benché abbia innescato nei secoli conflitti.

L'esempio potrebbe essere quello della recente scoperta a largo delle coste egiziane di un gigantesco giacimento di gas - Zohr - il più imponente del Mediterraneo: potrebbe garantire all'Egitto l'opportunità di trasformarsi in un grande hub energetico regionale, punto di incontro e non di frattura.

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