Cronache

Ali Agca: "Emanuela Orlandi? È ancora viva I documenti segreti sono in mano alla Cia"

Per l'ex terrorista turco fu coinvolta in una cospirazione internazionale

Ali Agca: "Emanuela Orlandi? È ancora viva I documenti segreti sono in mano alla Cia"

Roma «Emanuela Orlandi è viva e sta bene». La 15enne scomparsa misteriosamente a Roma nel 1983 vivrebbe in una villa in Svizzera. E lo Stato Vaticano non avrebbe nulla a che fare il rapimento della ragazza, figlia di un messo pontificio di Giovanni Paolo II.

«Tutta colpa degli americani, della Cia» garantisce Mehmet Ali Agca, il terrorista turco che nell'81 attentò alla vita di Papa Wojtyla, sparandogli 4 colpi di pistola calibro 9. Altro colpo di scena, altro depistaggio, o una pista concreta più volte sostenuta dal killer turco anche in tempi non sospetti? In una lettera aperta alla stampa internazionale Agca giura di conoscere il luogo in cui la Orlandi vive, sedata, da 36 anni. Stessa tesi sostenuta da Ferdinando Imposimato, il giudice istruttore nel processo Agca. Dunwur sarebbe inutile, per l'ex terrorista dei Lupi Grigi, cercare i resti fra antiche tombe romane. Come quella indicata dall'angelo (di pietra) nel cimitero teutonico in Vaticano, la sepoltura appartenente a due principesse tedesche morte nella prima metà dell'ottocento. Un'indicazione «anonima» giunta ai familiari della Orlandi e sulla quale la Santa Sede non ha mosso obiezioni. Anzi, ha disposto immediatamente l'apertura del sepolcro. Un «thriller» che ricalca in parte la trama del giallo-esoterico che ha tenuto incollati agli schermi della Rete ammiraglia , Raiuno, 15 milioni di italiani nella primavera del 1971: «Il Segno del Comando». Nello sceneggiato il protagonista, interpretato da Ugo Pagliai, dopo aver incontrato un seducente fantasma, l'attrice Carla Gravina, nella inesistente Taverna dell'Angelo a Trastevere, deve trovare una piazza misteriosa in cui è conservato «il segno» cercato da negromanti e faccendieri. Un luogo, il cortile dell'Angelo, ovvero il giardino degli oratori di San Gregorio al Celio, difeso da un messaggero di pietra. Un'imbarazzante coincidenza o l'anonimo testimone di Pietro Orlandi è un appassionato di vecchi sceneggiati? Oggi dell'angelo televisivo resta solo il basamento in pietra, meta di migliaia di fan della prima fiction italiana. Intanto domani riprendono le perizie sulle centinaia di resti umani recuperati nei due ossari nel cimitero teutonico attigui alle tombe delle principesse germaniche, aperte e trovate vuote l'11 luglio. Con la tomba «dove indica l'angelo» nel camposanto del collegio teutonico siamo al terzo tentativo di trovare i resti della Orlandi in altre tombe. Come in quella di Enrico «Renatino» de' Pedis, il boss della Magliana, sepolto nella chiesa di Sant'Apollinare, guarda caso a pochi passi dalla scuola di musica dove la Orlandi viene prelevata. Aperta, conservava solo i resti del «presidente». O sotto un pavimento della Nunziatura Apostolica di via Po, coincidente con un noto sepolcreto di età imperale romana. Disperati tentativi per avere una tomba su cui piangere? «Emanuela Orlandi è viva e sta bene da 36 anni. Non ha mai subito nessuna violenza. Anzi è stata trattata bene sempre», scrive nella lettera l'ex sicario legato alla destra turca e responsabile anche dell'omicidio di un giornalista. «Emanuela Orlandi non fu mai sequestrata nel senso classico del termine - scrive ancora -. Fu vittima di un intrigo internazionale per motivi religiosi politici collegati anche con il terzo segreto di Fatima». Un disco rotto la tesi di Agca che finora non ha trovato conferme. Sulle altre piste, come quella legata a un ricatto fra la malavita romana e il lato oscuro della Santa Sede legato allo Ior, la banca vaticana, Agca dice: «Basta con calunnie contro i morti come il prelato Marcinkus e Enrico de Pedis. Invito la CIA a rivelare i suoi documenti segreti sul caso».

La pista bulgara viene indicata subito dopo l'attentato al Papa dal Sismi, mentre per la commissione Mitrokhin il progetto era del Kgb e della Stasi con l'appoggio di un gruppo terroristico bulgaro di stanza a Roma collegato con i Lupi Grigi.

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