Coronavirus

"Allerta gialla in rianimazione Ma il Sud preoccupa molto"

La presidente degli anestesisti: "Siamo più preparati rispetto a marzo, ma mancano medici e infermieri"

"Allerta gialla in rianimazione Ma il Sud preoccupa molto"

«Non possiamo dichiarare di essere in sicurezza: in una scala di allarme dal verde al rosso siamo al giallo. E il Sud ora ci preoccupa più del Nord». Flavia Petrini, componente del Comitato tecnico scientifico e presidente della Siaarti, società italiana di Anestesia, Analgesia, Rianimazione e Terapia Intensiva, è in prima linea sul fronte di contrasto all'epidemia di Covid-19. La crisi pandemica è tra i temi al centro del 74° congresso Siaarti che si apre oggi e dal quale la Petrini lancia il suo appello al ministero della Salute affinché i professionisti della medicina d'emergenza siano più coinvolti nel processo di riorganizzazione del servizio sanitario nazionale. Non basta garantire posti letto e attrezzature, avverte la Petrini, ma anche competenze e risorse umane per dare a tutto il Paese lo stesso standard di cure.

La curva dell'epidemia è di nuovo in salita. A che punto siamo professoressa?

«In un percorso di crisi che va da A a D come punto di massima emergenza siamo tra B e C. Siamo nella prima trincea e stiamo scavando la seconda. I positivi aumentano ma lavoriamo affinché non finiscano in terapia intensiva. Onestamente avrei voluto vedere più rigore nella popolazione nelle scorse settimane. E siamo preoccupati per il Centro-Sud. Io tra l'altro lavoro proprio a Chieti dove arriviamo a 10-11 posti in intensiva completi di personale: pochi, dobbiamo salire a 18».

Siete più preparati rispetto alla prima ondata?

«Sì, siamo più capaci di aggredire subito la malattia con protocolli farmacologici efficaci e abbiamo idee più chiare su questa malattia sistemica che provoca un marasma nell'organismo».

I medici di emergenza chiedono di essere ascoltati e coinvolti di più nel processo di governance sanitaria.

«Ho già chiesto al ministero della Salute un maggiore coinvolgimento nella pianificazione della rete assistenziale. Spesso la distribuzione del personale specializzato non è adeguata: occorre una razionalizzazione delle risorse. L'organico della rianimazione va coperto h24 per 365 giorni all'anno. E la rete delle emergenze riguarda anche le sale operatorie e i punti nascita. Non c'è soltanto il Covid. E un carico assistenziale eccessivo va a scapito della sicurezza. Noi abbiamo come primo obiettivo della nostra missione la sicurezza del paziente e questo è un problema che riguarda anche la formazione soprattutto in tempi di Covid».

La carenza di anestesisti e rianimatori è un problema strutturale. Si parla di 3-4mila specialisti in meno rispetto al fabbisogno.

«Non mi azzardo a dare numeri. Certamente occorre tempo per formare un medico ma più che i medici mi preoccupa la formazione degli infermieri: un conto è un infermiere in medicina generale un altro quello che assiste in sala operatoria dove si deve essere preparati a una prestazione unica. Noi diciamo: in sala operatoria lunghe ore di noia e pochi attimi di terrore. L'emergenza appunto. E anche per il paziente Covid, che è sempre un paziente critico non soltanto quando finisce in rianimazione, dobbiamo potenziare la formazione specifica».

Quindi mancano medici e infermieri?

«Il punto è che non possiamo sacrificare il servizio sanitario nazionale al Covid. Non dobbiamo più sottrarre personale e sale operatorie alle altre patologie».

Ma i posti letto in terapia intensiva ci sono? Il ministero indica in 11mila posti potenzialmente disponibili in caso di crisi.

«Potenzialmente. Appunto. Ma molte Regioni procedono lentamente. Sono le Regioni a doverci dire a che punto sono.

Purtroppo più si va verso Sud più si evidenziano ritardi».

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