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All'Italia serve formazione, non i sussidi

All'Italia serve formazione, non i sussidi

Gli ultimi dati diffusi dal Centro Studi della Cgia di Mestre confermano una situazione nota, dato che da anni sappiamo che in Italia vi sono molte imprese incapaci di colmare una serie di vuoti occupazionali: restano scoperti, infatti, più di 150 mila posti. Se però accostiamo questa ricerca ai modesti risultati del reddito di cittadinanza (solo l'1,7% di quanti hanno ricevuto il sussidio ha ora un lavoro) siamo costretti a constatare che l'Italia ha bisogno di strategie del tutto diverse rispetto a quelle che sta adottando.

Alcuni decenni fa Milton Friedman rilevò come ci si stesse dirigendo verso «un sistema in cui si tassa sempre di più il lavoro e si sussidia il non-lavoro». E certamente non aiuta a vincere la disoccupazione la decisione di finanziare quanti non hanno un'occupazione e, al tempo stesso, porre innumerevoli ostacoli sulla strada di chi vuole lavorare. Ad esempio, è significativo come in Italia sia difficile trovare autotrasportatori, anche in virtù del fatto che il costo da sostenere per ottenere la patente C o D e la Carta di Qualificazione del Conducente oscilla tra i 2.500 e i 3.000 euro. In altre parole, non solo è difficile «fare impresa» (pure aprire una srl semplificata costa quasi mille euro in tributi vari), ma perfino quando ci si impegna per essere appetibili sul mercato si è costretti a superare notevoli difficoltà.

Ci sono pure ostacoli culturali. Le mansioni meno qualificate sono rifiutate dai nostri connazionali e questo obbliga spesso ad assumere stranieri; le aziende italiane, al tempo stesso, faticano a trovare lavoratori altamente qualificati, dato che non solo abbiamo pochi laureati, ma per giunta molti di loro hanno scelto percorsi di studio che non offrono facilmente uno sbocco. Ne discende che abbiamo un gran numero di giovani che hanno fatto studi umanistici e rimangono sotto-impiegati, mentre ci sono pochissimi fisici, chimici, informatici e matematici.

In fondo, c'è un forte legame tra la scelta voluta dai Cinquestelle di dare un sussidio ai senza lavoro e questa diffusa attitudine a iscriversi a corsi senza futuro. Per molti giovani conta soltanto inseguire i propri sogni. Il lavoro è unicamente pensato come la realizzazione di sé (ciò che in parte è, senza dubbio), senza che si comprenda un dato cruciale: il fatto che per lavorare e disporre di un reddito bisogna mettersi al servizio delle esigenze degli altri. L'Italia disoccupata che esce dallo studio della Cgia, allora, ci parla di giovani senza formazione che non accettano taluni mestieri e di altri che studiano, ma per acquisire una formazione ben poco spendibile.

In tal modo, però, la nostra economia difficilmente uscirà dallo stallo in cui si trova.

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