Cronache

Ammazza ex e compagna. Poi il killer si suicida. "Già in cella per violenze"

L'uomo, un serbo di 42 anni, aveva esplosivi in macchina. Ignorate le denunce contro di lui

Ammazza ex e compagna. Poi il killer si suicida. "Già in cella per violenze"

Tutto in poche ore. In un'escalation di orrore che ha lascia sgomenti anche investigatori avvezzi alle stragi più cruente. Vicenza è da ieri sotto choc. Teatro di un dramma in tre atti: lui che tende un'imboscata all'ex moglie freddandola a colpi di pistola; lui che uccide pure l'attuale compagna; lui che si punta l'arma alla tempia e si ammazza. In mezzo una corsa disperata in auto con l'uomo che ha cercato di coprirsi la fuga usando anche due «ordigni esplosivi» e altri ne saranno trovati in macchina. «Lui» si chiama Zlatan Vasiljevic, 42 anni, serbo. Stessa nazionalità della prima delle sue vittime, la 42enne Lidia Miljkovic che prima di commettere il fatale errore di incontrare Zlatan per l'«ennesimo chiarimento», aveva accompagnato i due figli (14 e 16 anni) a scuola. Bambini avuti proprio con il suo killer, quando tra loro le cose andavano bene; anche se, in realtà, tra Zlatan e Lidia le cose non erano mai andate davvero «bene». Vasiljevic era un balordo, violento (in passato già arrestato per maltrattamenti), zero voglia di lavorare ma tata voglia di ubriacarsi. E quando era zeppo di alcol, diventava un pericolo pubblico. Soprattutto per la moglie e i figli. Per questo Lidia aveva deciso di lasciarlo, una causa di separazione che andava avanti da oltre tre anni fra rinvii e relazioni dei servizi sociali che seguivano la vicenda dopo che la donna aveva presentato varie denunce contro il coniuge. Aggressioni pesanti, ricoveri in ospedale, che già nel 2019 avevano spinto il giudice a emettere un'«ordinanza di divieto di avvicinamento». Ma gente come Zlatan delle ordinanze se ne infischia, infatti minacce e intimidazioni non erano mai cessate. Anzi, si erano moltiplicate. Sia Linda, sia Zlatan avevano dei nuovi partner. Lei stava cercando di rifarsi una vita con un collega della ditta dove lavorava; lui frequentando una ragazza venezuelana su cui tornare a sfogare rabbia e frustrazioni. Non a caso, nel suo piano di morte, l'ultima fidanzata è stata assassinata subito dopo il precedente omicidio. Doppio prologo di sangue per un epilogo altrettanto sanguinoso: il suicidio. Tutto con la stessa pistola. Tutto senza che nessuno vedesse nulla ma intuisse la tragedia dall'eco angosciante degli spari : sei quelli esplosi per eliminare Lidia, uno solo per togliere l'altra donna dalla faccia della terra e togliersi, a sua volta, da questo mondo. Il primo omicidio è avvenuto in strada isolata nel quartiere Gogna, un'area periferica della città. Lidia colpita quando era ancora in auto e finita sull'asfalto. Poi si è scattata la caccia all'uomo. Polizia, carabinieri, elicottero, cani, addirittura i reparti speciali. Ma non c'è stato bisogno del blitz delle teste di cuio, Zlatan ha fatto tutto da solo. Sentendosi braccato, e non avendo pietà neppure della fidanzata «colpevole» forse i di aver cercato vanamente di convincerlo a costituirsi, l'ha giustiziata con un colpo alla fronte per poi fare la stessa cosa su se stesso. Le forze dell'ordine hanno trovato la vettura ferma in una piazzola della tangenziale ovest di Vicenza, a bordo i due corpi con un buco in testa. Lui al posto di guida, l'arma ancora stretta in pugno; lei, la venezuelana, riversa sul sedile del passeggero. Su entrambi i lati, finestrini abbassati, macchiati di rosso. E poi l'auto imbottita di esplosivo. La famiglia della vittima e quella del suo nuovo compagno con cui la donna stava tentando di ritrovare quella serenità che Zlatan le aveva scippato, accusano: «Tutti sapevano della pericolosità di quel tizio.

Lidia è stata lasciata in balìa di un mostro».

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