Ultimo atto la zucca, ennesimo capitolo della rottamazione che Matteo Salvini vorrebbe imporre alla Lega. O, piuttosto, un altro round dello scontro tra il giovane segretario del Carroccio e Umberto Bossi, colui che la Lega la creò il 12 aprile 1984 (del gruppetto che si presentò a Varese davanti al notaio Franca Bellorini per sancire la nascita della Lega lombarda autonomista l'unico ancora in pista è proprio il Senatùr). Già, perché la scelta di Salvini di disertare la «Festa della zucca» organizzata dalla Lega Nord emiliana è stata dettata proprio dalla presenza di Bossi più che dal voler archiviare la mitologia padana creata da lui negli anni. Il giovane segretario, infatti, è ormai ai ferri corti con il Senatùr, per nulla convinto dall'idea di «nazionalizzare» il Carroccio così da pescare voti anche al centro e al sud. Progetto che il Senatùr ha bollato con un colorito «è una ca..», sciorinando i pessimi risultati della lista «Noi con Salvini» alle Amministrative: dal 2,7 per cento di Roma all'1,9 di Caserta, passando per lo 0,8 per cento di Olbia e lo 0,2 di Crotone. Non proprio numeri promettenti.
È seguendo questo progetto di rivisitazione della Lega che Salvini sta mettendo in soffitta tutti i simboli che fino a ieri erano il core business del Carroccio. A partire dalla Padania, una regione immaginaria che Bossi è riuscito in questi anni a trasformare in un territorio quasi reale. Poi ha archiviato le varie ritualità, prima fra tutte la cerimonia dell'ampolla. Lo scorso 15 settembre sono caduti i 20 anni da quando Bossi proclamò l'indipendenza della Padania, evento celebrato raccogliendo l'acqua del Po alla sorgente del Monviso per poi essere trasportata e versata in laguna a Venezia. Un rito ripetuto per 19 anni e che Salvini, proprio nel ventennale, non ha voluto celebrare.
La vecchia guardia non vede di buon grado il nuovo corso - quello che ha voluto anche la dismissione della storica Radio Padania libera - e proprio
in queste settimane la tensione è andata crescendo. La zucca è solo l'ultimo atto di una guerra strisciante che andrà avanti fino al congresso. Sempre che Salvini decida, come vorrebbe lo Statuto, di celebrarlo a dicembre.
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