Coronavirus

Gli anestesisti rilanciano. "Ora contratti ai giovani e più terapie intensive"

I medici lanciano un appello alle istituzioni. "Questa emergenza sia l'inizio della svolta"

Gli anestesisti rilanciano. "Ora contratti ai giovani e più terapie intensive"

Sono stati in prima linea per un mese e mezzo lavorando a testa bassa, facendo i conti con reparti sempre troppo piccoli per accogliere lo tsunami di ricoveri e con ossigeno e respiratori che non bastavano mai per tutti. Ora gli anestesisti presentano il conto al Governo. Con uno scopo: quello che è successo non deve accadere mai più, non così. Non con un numero di letti in terapia intensiva insufficiente, né con gli anestesisti mal distribuiti e mal sostituiti negli ospedali. La Siaarti (società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva) e l'Aaroi-Emac (associazione anestesisti rianimatori ospedalieri) lanciano un appello alle istituzioni. Richiesta numero uno: un aumento dei posti in terapia intensiva fra il 35 e il 50% rispetto a quelli attuali. «Non è sufficiente semplicemente acquistare un ventilatore e un monitor - spiegano - ma è indispensabile una dotazione ben più complessa, in termini di risorse tecnologiche/letto e per struttura, oltre che umane e logistiche per garantire standard di sicurezza e qualità delle prestazioni. Sarebbe un errore imperdonabile dimenticarlo».

«Bisogna rendere stabile quel 20-30% di posti in più creati durante l'emergenza - spiega la presidente Siaarti Flavia Petrini - Solo così possiamo recuperare il gap rispetto agli altri Paesi». A bocce ferme andrà anche affrontato il tema delle assunzioni degli specialisti, sia medici sia infermieri, per i reparti. La proposta è quindi quella di aumentare le borse di studio, portandole a quota 2.500, indirizzate alle scuole di specializzazione in anestesia, rianimazione, terapia intensiva e del dolore. E poi si chiede l'arruolamento in servizio - secondo quanto già previsto dal Decreto Cura Italia 2020 - del quarto e quinto anno delle scuole di specializzazione: questo permetterebbe, con la sola integrazione economica del contratto Miur, di avere sul campo immediatamente oltre mille anestesisti e rianimatori.

In un convegno organizzato on line con i rappresentanti farmacisti ospedalieri, degli economi della sanità e di Confindustria dispositivi medici, sono stati anche analizzati i vari scogli incontrati in queste ultime settimane. Su tutti i fronti. Non per puntare il dito contro nessuno, ma per correggere il tiro in vista della fase 2. Tra gli ostacoli più critici è stato citato in primis il bando Consip per le forniture di respiratori, mascherine e dispositivi di sicurezza. «Il bando ha bloccato le gare regionali e l'offerta non si è potuta frazionare - spiega Salvatore Torrisi, presidente Fare, federazione delle associazioni regionali degli Economi della sanità - Siamo rimasti tutti, e siamo tuttora, in attesa dei prodotti, impotenti. Alcuni lotti prevedevano la consegna a 45 giorni dall'ordine e quindi devono ancora arrivare. Una quantità di tempo esorbitante nel cuore di un'emergenza. Quindi la normativa va resa più snella per il futuro».

Altro punto da correggere: le scorte dei farmaci. Mancano i sedativi e i miorilassanti, si è fatto man bassa nelle scorte degli altri reparti per rispondere all'emergenza Covid e ora si rischia di compromettere le terapie del dolore anche degli altri pazienti.

E poi c'è la questione più economica. «Ci siamo resi tutti conto che il mercato non era pronto a rispondere a una richiesta così alta e improvvisa di forniture - spiega Fernanda Gellona, direttore generale di Confindustria dispositivi medici - Per di più la domanda è stata assolutamente schizofrenica, ad esempio quella per i test sulla positività. È mancato un coordinamento e le aziende, tirate per la giacca da tutti, non sapevano chi fornire per primo.

Oggi c'è anche il rischio di stimare fabbisogni in sovrabbondanza».

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