"Anno no per dazi e instabilità. Così si può ripartire"

L'ad di Banca Mediolanum: "Chi compra in questa fase inizia a costruire la propria fortuna"

"Anno no per dazi e instabilità. Così si può ripartire"

Milano - Massimo Doris, amministratore delegato di Banca Mediolanum: si sta per chiudere un anno negativo sui mercati. Lo avevate previsto o è stato una sorpresa?

«Riguardo alle scelte delle banche centrali, veniamo da anni di grande espansione ed era prevedibile che i tassi iniziassero a salire e di conseguenza che l'obbligazionario potesse soffrire. Poi però si sono aggiunte vicende che hanno impattato sui portafogli degli italiani. In particolare: a livello internazionale il problema dei dazi; a livello italiano lo spread. Tutto questo porta in media a chiudere il 2018 in negativo sia nelle performance azionarie, sia nei bond».

Cosa consigliare in questi momenti ai risparmiatori?

«Noi diciamo da sempre che gli investimenti, sia azionari sia obbligazionari, si devono valutare a medio lungo termine. Dai 6-7 anni per i bond, almeno 10 per le azioni. Quindi un anno negativo fa parte del gioco. E anzi, se si è ben diversificati è una buona occasione per aggiungere qualcosa. Inoltre ora si apre una fase del tutto nuova».

Una fase nuova?

«Per il mercato delle obbligazioni sì, perché siamo abituati, da decenni, a tassi in calo e quindi a un guadagno costante sul capitale. Ma ora siamo vicini all'inversione. Come comportarsi? I bond diventano sconvenienti? Ebbene, per noi è il contrario e suggeriamo un programma pluriennale di acquisti obbligazionari. Così, quando i tassi si fermeranno, tutto il valore delle obbligazioni verrà a galla».

Che dire a tutti quegli italiani che oggi hanno timore di investire e preferiscono tenere i soldi fermi?

«Intanto bisogna ricordare che la liquidità paga una tassa occulta, che è l'inflazione. Poi che bisogna cercare di essere obbiettivi e guardare le cose con un po' di distanza, seguire i fondamentali dell'economia, ricordarsi che il Fmi prevede un rallentamento del Pil mondiale ma che questo rimane sempre in crescita, di oltre il 3% l'anno. Quindi diversificare. Purtroppo oggi si vedono molte uscite dal mercato. E quando si vende in perdita, si perde. Mentre il principio giusto è l'opposto: compra quando scende e vendi quando sale. Chi compra oggi inizia a costruire la sua fortuna».

A proposito di investimenti per il futuro: Mediolanum ha cavalcato i Pir fin dal loro lancio sul mercato nei primi mesi 2017. Quest'anno i Pir hanno rallentato la raccolta e le loro quotazioni sono andate in negativo. Che bilancio fate?

«Per noi è assolutamente positivo. Dal lato della raccolta siamo la prima rete di promotori e in assoluto secondi solo a Intesa. Dal lato delle performance è vero, anche i Pir sono in rosso. Ma questa non è una notizia così negativa. Mi spiego meglio: i Pir sono fondi che, per il meccanismo di sgravio fiscale che matura dopo 5 anni e per il limite dei 30mila euro di investimento annuale, vanno valutati nell'arco di 10 anni. Quindi, se al secondo anno di vita i prezzi vanno giù, è la notizia migliore che si possa avere, perché si compra a sconto. Lasciamo passare gli anni e poi vedremo».

Non vi preoccupa il calo della raccolta?

«Nel secondo anno abbiamo raccolto oltre 700 milioni contro i 2,4 miliardi dell'anno scorso. Forse mi aspettavo qualcosa di più, ma un rallentamento ci può stare, soprattutto per un prodotto nuovo, e non mi preoccupa. Quello che non va bene è se la gente vende perché prende paura, realizzando le perdite e rinunciando ai benefici futuri».

Sui Pir avete puntato tanto da lanciare una banca d'affari e rivolgervi non solo più ai risparmiatori, ma anche alle piccole imprese per invogliarle alla quotazione. Com'è andata?

«Ci siamo mossi per raccontare chi siamo e come lavoriamo. Per intercettare i flussi di risparmio l'impresa deve emettere bond o quotarsi sul mercato. Abbiamo incontrato oltre mille imprese e con circa 200 abbiamo avviato incontri di approfondimento. Posso dire che c'è grande interesse e crescente consapevolezza che per fare piani di sviluppo aziendale di lungo periodo bisogna considerare fonti di finanziamento alternative a quelle bancarie».

La situazione politica e la crisi economica, che pare di nuovo alle

porte, non hanno frenato?

«No, anzi. Quello che notiamo è che anche in momenti difficili come questo gli imprenditori non smettono mai di parlare di crescita. Non rinunciano mai allo sviluppo. E noi siamo lì per loro».

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