Roma - Alla fine l'atteso interrogatorio di Paolo Arata, l'imprenditore accusato di aver dato o promesso 30mila euro ad Armando Siri in cambio dei suoi interventi legislativi a favore del mini-eolico, è stato secretato dai magistrati.
Difficile sapere se e quanto la posizione del sottosegretario della Lega sia uscita appesantita dal faccia a faccia durato quasi tre ore tra l'indagato per concorso in corruzione e il pm di Roma Mario Palazzi. Le contestazioni avrebbero riguardato anche fatti nuovi, come le pressioni politiche di Arata per assicurarsi che il suo amico entrasse nel governo.
«Abbiamo reso dichiarazioni sulla vicenda che chiama in causa il mio assistito e lui ha fornito la sua versione dei fatti. L'interrogatorio è stato secretato per cui non è possibile riferirne alcun contenuto», si è limitato a spiegare l'avvocato Gaetano Scalise. Del resto il momento è delicato per Siri, le cui sorti politiche saranno decise oggi dal Consiglio dei ministri, mentre quelle giudiziarie sono legate all'esito del suo imminente interrogatorio. Il legale dell'esponente leghista presenterà una memoria difensiva per spiegare i rapporti con Arata. L'obiettivo è quello di smarcarsi dall'imprenditore socio di Vito Nicastri, accusato di aver finanziato la latitanza del boss Matteo Messina Denaro. Un dettaglio, quest'ultimo, che ha reso quest'indagine particolarmente spigolosa. La strategia dell'avvocato Fabio Pinelli, difensore del sottosegretario leghista, è quella di prendere le distanze da Arata cercando di dimostrare non solo che Siri non sapesse del legame d'affari tra Arata e Nicastri, ma anche che i rapporti tra lui e Arata fossero legittimi e rispettosi del suo ruolo istituzionale. Mentre i pm ritengono che Siri abbia «asservito l'esercizio delle sue funzioni e dei suoi poteri ad interessi privati». Per la Procura di Roma, cioè, il sottosegretario era la chiave di Arata per arrivare ai luoghi di potere, anche se poi la norma che più interessava l'amico imprenditore non venne mai approvata. L'avvocato Pinelli ha negato, come ipotizzato da qualche giornale, che Siri si voglia sottrarre al confronto con l'autorità giudiziaria: «Renderà dichiarazioni e risponderà ad eventuali richieste di chiarimenti avanzate dai magistrati».
Qualche giorno fa, del resto, prima che il premier Conte annunciasse l'intenzione di chiedere la sua testa, Siri aveva promesso che si sarebbe dimesso entro 15 giorni se con il suo interrogatorio la vicenda non si fosse chiarita.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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