Arcelor sbatte la porta: impianti fermi da gennaio

La comunicazione dei vertici ai sindacati Smentito Emiliano sull'impegno fino a maggio

Arcelor sbatte la porta: impianti fermi da gennaio

Nessun passo indietro. Nessuna apertura. ArcelorMittal non continuerà a gestire l'ex Ilva fino a maggio, come aveva fatto trapelare il governatore della Puglia Michele Emiliano, aprendo uno spiraglio sul futuro di Taranto. Niente di tutto questo. Anzi. Il colosso indiano accelera verso l'addio. Spegnerà l'ex Ilva tra due mesi, il 15 gennaio, con lo stop dell'altoforno 1 che coinciderà anche con quello dell'intero impianto. Sarà l'ultima delle tre tappe del percorso di abbandono pianificato e comunicato ieri dall'ad Lucia Morselli alle rappresentanze sindacali, smentendo quanto riferito da Emiliano al presidente di Confindustria Taranto al termine di un incontro in Regione Puglia con l'azienda, ovvero un possibile prolungamento della gestione dell'acciaieria fino al prossimo maggio. Data, maggio 2020, in cui il Tribunale di Milano si pronuncerà sull'atto di citazione depositato da ArcelorMittal sul recesso dal contratto di affitto. «Notizie prive di fondamento», hanno chiarito fonti vicine alla società. Tanto che le tappe della fine sono già fissate: 12 dicembre verrà fermato l'Altoforno 2, il 30 dicembre l'Altoforno 4 e il 15 gennaio l'Altoforno 1. E già tra il 26 e il 28 novembre verrà chiuso il treno nastri 2 per mancanza di ordini (il numero 1 è già chiuso), ha fatto sapere la società ai sindacati.

L'inizio della fine è arrivato più veloce del previsto, e Emiliano ha dovuto precisare che la speranza di un prolungamento della gestione di ArcelorMittal era solo «una deduzione logica». «Se ancora non fosse chiaro la situazione sta precipitando in un quadro sempre più drammatico che non consente ulteriori tatticismi della politica», avverte invece il segretario generale della Fim Cisl, Marco Bentivogli. «Le Rsu - aggiunge - hanno chiesto in che prospettive ci si muove e se intendono fare dichiarazioni di esuberi, discussione che l'azienda ha rinviato al tavolo di domani (oggi, ndr). Il piano di fermate modifica le previsioni contenute nell'Aia, pertanto l'azienda si confronterà con il ministero dell'Ambiente». Oggi è previsto l'incontro al Mise tra l'azienda, il ministro delle Infrastrutture Stefano Patuanelli e i metalmeccanici di Fim, Fiom e Uilm. Ma le notizie sono quelle di «un disimpegno che sta prendendo corpo», si allarma la Confindustria tarantina che teme per l'indotto non in grado di garantire gli stipendi ai dipendenti.

Niente altro, per Rocco Palombella, Uil, che una «morte annunciata per ArcelorMittal che ha definitivamente gettato la maschera». Non solo. Dopo questo progressivo e pianificato spegnimento, «per i commissari dell'amministrazione straordinaria rimettere mano agli impianti dopo una lunga fermata e far ripartire la fabbrica sarà un compito davvero improbo».

Ieri c'è stato poi lo sfogo amaro della mamma di Giorgio di Ponzio, morto a 15 anni per un sarcoma, che in un incontro pubblico aveva donato un quadro (nella foto) al ministro dell'Agricoltura Teresa Bellanova: un teschio nero realizzato con la polvere di minerale raccolta dalle mamme del quartiere Tamburi, che il ministro ha lasciato «per errore sul palco.

Sono pronta a tornare a Taranto ad ascoltare le ragioni di chi lì vive», ha scritto la ministra su Facebook, scusandosi. Ma Carla, la madre di Giorgio, ha chiuso ad altri incontri: «Dimenticando il quadro ci ha offeso e ha dimostrato disinteresse».

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