Arrestato «el Chapo» il re messicano dei narcotrafficanti

A sei mesi dalla sua rocambolesca fuga, preso Guzmán Loera boss della cocaina e uno tra gli uomini più ricchi del mondo

«M assimo 6 mesi e «el Chapo» Guzmán sarà catturato nuovamente». O è un indovino o era dannatamente bene informato Jhon Jairo Velásquez alias «Popeye», il sicario più fedele di Pablo Escobar che - quando il boss del cartello di Sinaloa era evaso lo scorso luglio dal carcere di massima sicurezza dell'Altiplano aveva previsto gennaio 2016 come il mese più probabile per la sua prossima cattura. Detto fatto e ieri, dopo sei mesi meno tre giorni dalla sua fuga, avvenuta la notte dello scorso 11 luglio, il presidente del Messico Enrique Peña Nieto, ha dato l'attesa notizia sul suo account di Twitter: «Missione compiuta: lo abbiamo catturato. Voglio informare i messicani che Joaquín Guzmán Loera è stato arrestato».Immediate le reazioni nel mondo intero dal momento che El Chapo non è un narcotrafficante qualsiasi ma è colui che, negli ultimi 20 anni, ha sostituito nell'immaginario collettivo come boss della cocaina numero uno proprio Pablo Escobar, ucciso nel 1993.La cattura del boss, che era stato inserito nel passato da Forbes tra gli uomini più ricchi al mondo, è avvenuta ieri mattina nei pressi del comune di Los Mochis, nella regione di Sinaloa, dopo uno scontro a fuoco tra i gruppi d'élite dei Marines e della Polizia messicana che aveva lasciato sul terreno almeno cinque delinquenti al soldo de El Chapo, oltre a portare all'arresto di sei suoi uomini.Decisive per la cattura le intercettazioni ambientali e telefoniche, come già lo scorso novembre quando el Chapo non era stato catturato per un soffio.In serata quello che alcuni definiscono come il «Totò Riina messicano» è stato trasferito nella capitale Città del Messico dopo che, nei mesi scorsi era stato «avvistato» inutilmente in Argentina, Costarica, Bolivia, Paraguay, Brasile, senza che, in realtà, lui si muovesse dalla «sua» Sinaloa. I paragoni con la mafia italiana non sono però solo dovuti alla similitudine dei soprannomi dovuti alla bassa statura di Riina, detto «u curtu», e Guzmán, alias «el Chapo» per l'appunto, che significa «il piccoletto» nel Paese della tequila.Il cartello di Sinaloa, fondato a inizio anni Novanta dallo stesso Guzmán assieme ad Ismael «El Mayo» Zambada ha infatti molte altre affinità con Cosa Nostra. Innanzitutto la presenza di una cupola a conduzione plurifamiliare. Quando un leader «cade» - come del resto già accaduto a El Chapo dal 1993 al 2001 e poi tra 2014 e 2015 la mafia di Sinaloa ha già pronto il suo sostituto. Altra analogia «di modello» sono i microcartelli divisi in zone geografiche che svolgono una funzione analoga ai mandamenti mafiosi, eseguendo gli ordini che arrivano dal Padrino di turno che, da ieri, torna ad essere «el Mayo» Zambada, le cui capacità di fare accordi limitando al minimo lo spargimento di sangue lo rendono invece più simile a Provenzano.

Quella di ieri è la terza cattura del leader più famoso del cartello di Sinaloa. La speranza è che, questa volta, l'intelligence messicana riesca a catturare anche «El Mayo» prima della quarta fuga de «el Chapo». Solo a quel punto la Cosa Nostra di Sinaloa sarà davvero «decapitata».

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