Asse tra Camusso e Bersani per dare la spallata al governo

Cgil e Mdp in piazza al gran completo contro i voucher Scontro con l'esecutivo sul venerdì nero dei trasporti

Asse tra Camusso e Bersani per dare la spallata al governo

Mdp al gran completo, il patrocinio di Giuliano Pisapia e il suo Campo progressista, la presenza dei pochi dissidenti rimasti nel Pd. Massimo D'Alema che mette da parte decenni di bastonate reciproche con la Cgil e si schiera con il sindacato rosso. Persino i comitati del No al referendum Costituzionale, archiviato nel dicembre scorso, sono risorti per scendere in piazza a fianco di Susanna Camusso contro i voucher.

Partita tutta politica che consiste nel prendere a pretesto un tema di rilevanza concreta praticamente nulla per riprodurre un meccanismo che l'Italia conosce bene: la promessa di voti in cambio di concertazione, quindi di potere.

Per inquadrare bene la manifestazione che si è tenuta ieri a Roma, (due cortei sotto un sole implacabile) bisogna ricordare quale è la vicenda. Il governo con la manovra correttiva di primavera ha reintrodotto una versione molto depotenziata dei vecchi voucher, i buoni che permettevano di pagare il lavoro occasionale e liquidare subito imposte e contributi. La vecchia versione era stata abolita dallo stesso esecutivo Gentiloni per evitare un referendum della Cgil. I buoni, è bene rammentarlo, rappresentavano lo 0,23% del costo totale del lavoro in Italia e avevano fatto emergere lavoro nero.

La nuova versione non accontenta le imprese che hanno bisogno di uno strumento più flessibile, ma nemmeno la Cgil che ha appunto dato vita a una mobilitazione. Ieri la piazza, a giorni un ricorso alla Consulta contro la decisione del governo che per la leader della Cgil, «viola la Costituzione» ed è stato uno «schiaffo alla democrazia».

Che il principale sindacato del Paese cerchi di uscire dal cono d'ombra non è una novità. La notizia di ieri è l'impegno che la Cgil ha messo nella manifestazione. Un tentativo di approfittare della debolezza del governo in carica, sicuramente. Paradossalmente la stessa strategia dei sindacati autonomi (odiati dalla Cgil) che venerdì hanno messo in ginocchio le metropoli italiane con lo sciopero del trasporto. Contro di Loro il ministro Graziano Delrio ha minacciato il pugno di ferro, di fatto facendo un favore ai grandi sindacati come la Cgil. Ma c'è dell'altro. Il sindacato ha prenotato un posto nella plancia di comando se e quando gli eredi dell'ex Pci dovessero riuscire a bloccare il ritorno in solitaria di Matteo Renzi.

Non a caso ieri al corteo c'erano più esponenti del Movimento democratico progressista di Pier Luigi Bersani che militanti Cgil. Le agenzie sono state inondate da dichiarazioni pro Camusso. D'Alema non c'era (per motivi «strettamente personali»), ma ha definito la manifestazione una «giusta risposta del mondo del lavoro alla vergognosa vicenda dei voucher». È lo stesso D'Alema che, nel periodo riformista, aveva attaccato la Cgil di Epifani (ieri alla manifestazione) e non era un fan di totem lavoristi ben più pesanti dei voucher. Ad esempio l'articolo 18.

Il deputato Mdp Alfredo D'Attorre assicura che «Renzi ormai è stato già sconfitto». Mdp vuole dare «rappresentanza politica» alla piazza. Pier Luigi Bersani fa un passo avanti e abbozza un programma della sinistra di governo. «Tornare sugli investimenti del lavoro e non dei bonus, fare un fisco progressivo».

Una sinistra di governo che non esclude la presenza di Renzi, ma gli faccia accettare bocconi indigesti. Come il ritorno delle tasse sulla prima casa e la patrimoniale, insomma. I lavoratori sono avvertiti. Se ieri sono scesi in piazza è per rafforzare questo programma, non per ridurre la precarietà.

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