Coronavirus

Aumentano i contagiati, ma anche i tamponi. E la Lombardia resta "l'osservata speciale"

Ieri 813 contagi, 462 solo dalla Regione più colpita. Crescono i morti: +162

Un operatore sanitario in un reparto di terapia intensiva (La Presse)
Un operatore sanitario in un reparto di terapia intensiva (La Presse)

La Fase 2 non ci ha ancora colpito. Forse, alla fine, non lo farà con la violenza che abbiamo temuto. Quindici giorni dopo quel 4 maggio che ha segnato l'inizio della «nuova normalità» i dati sui contagi sembrano ancora sotto controllo. È vero: gli epidemiologi invitano alla prudenza, calcolando che gli eventuali (e anzi probabili) aumenti dei casi positivi in seguito al ritorno della gran parte della cittadinanza a una vita semi-normale hanno ancora qualche giorno per potersi appalesare, considerando il tempo di contagio, di incubazione, di manifestazione dei sintomi, dei tamponi e della loro contabilizzazione. Però alzi la mano chi non si aspettava una curva in rialzo a questo punto della storia.

Ieri il numero dei contagi è aumentato di 813 unità. Certo, un numero decisamente superiore al 451 del giorno precedente, ma comunque ben sotto quella soglia psicologica dei mille che ormai non viene superata da una settimana (il 12 maggio fu +1.402). Va anche detto che ieri sono stati contabilizzati 63.150 tamponi, dei quali 40,226 su «nuovi» soggetti (gli altri sono secondi o ulteriori test su persone già controllate). Il che fa registrare un indice di contagi dell'1,28 per cento, decisamente basso. Se si considera l'indice di contagi sui tamponi «reali» si sale al 2,02 per cento. I casi positivi attuali sono 65.129, dei quali 716 in terapia intensiva (dato in costante calo da 46 giorni), 9.991 ricoverati in reparti ordinari e 54.422 asintomatici o quasi che stanno facendo l'isolamento fiduciario a casa. Tutti i numeri sono in calo.

Torna a crescere il numero dei morti, ieri 162 contro i 99 del giorno precedente. E in questo caso non c'è nessuna attenuante, anche se va detto che comunque siamo molto al di sotto dei 969 decessi del 27 marzo (53 giorni fa) ma anche dei 534 del 21 aprile (28 giorni fa) e dei 369 del 6 maggio (13 giorni fa). Crescono anche i dimessi e guariti, che toccano la quota di 129.401 con un aumento di 2.075.

Dati che fanno sorridere. Ovunque ma non in Lombardia, regione che continua a essere la pecora nera d'Italia. Ieri infatti si sono denunciati 462 nuovi casi, il 56,83 per cento del dato nazionale. Il giorno prima nella regione più colpita dal Covid-19 il numero di nuovi casi era stato di 175. E colpisce il fatto che la provincia che più contribuisce a questo aumento non sia Milano (che comunque fa registrare un non rassicurante +102) ma Bergamo, che dopo numerosi giorni tranquilli torna a un allarmante +144. Seguono Monza-Brianza con +42 e Brescia con +41. La Lombardia resta in testa in tutte le voci: prima per casi totali (85.481, il 37,04 per cento del dato nazionale), per casi attuali (27.291, il 41,90 per cento), per ricoverati in terapia intensiva (244, il 34,08 per cento), per decessi (15.597, il 48,48 per cento). In testa anche per tamponi ma con meno «vantaggio»: 596.

355, il 19,21 per cento. È questa la chiave di lettura di tutto?

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