Autonomia, strappo leghista: "Il Nord si tiene i suoi soldi"

In Cdm la bozza d'accordo con Lombardia, Veneto ed Emilia: trasferimento di competenze e relative risorse

Autonomia, strappo leghista: "Il Nord si tiene i suoi soldi"

Uno scatto verso l'autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna. La bozza è pronta con un giorno d'anticipo rispetto alle promesse, e oggi approderà sul tavolo del Consiglio dei ministri. Tempismo perfetto, perfino troppo. Sospetto, per chi vede nella firma un'accelerata leghista, uguale e contraria alla frenata a 5 Stelle sulla Tav.

Il traguardo di uno Stato che cede poteri alle Regioni non c'è ancora. Restano nodi importanti da definire e dovrà scioglierli il premier Giuseppe Conte. La contesa riguarda strade, valutazioni di impatto ambientale e bonifiche in materia di ambiente, autonomia nella tariffazione di alcune prestazioni sanitarie. E poi c'è il ruolo delle Sovrintendenze, quella che l'assessore lombardo Stefano Bruno Galli chiama «la madre di tutte le battaglie». Fatti salvi questi nodi, l'accordo raggiunto ieri al ministero dell'Economia è una tappa, un viatico per la riforma, che è prevista dalla Costituzione ed è stata chiesta a gran voce coi referendum celebrati il 22 ottobre del 2017 in Lombardia e Veneto, avamposti leghisti e del centrodestra.

Non dev'essere un caso che proprio dalle postazioni istituzionali del Carroccio siano arrivati ieri i primi annunci. «È stato raggiunto l'accordo sulla parte finanziaria» hanno detto Massimo Garavaglia, vice ministro dell'Economia e Erika Stefani ministro agli Affari Regionali, un milanese e una vicentina, entrambi del Carroccio. «Posso dire che sul piano tecnico c'è tutto, oggi abbiamo una bozza», li aveva anticipati il governatore veneto Luca Zaia, a margine della Conferenza delle Regioni. Il 15 febbraio era il termine fissato dal premier per il confronto tecnico. La bozza riguarda i soldi.

Nella campagna referendaria si è era a lungo parlato del «residuo fiscale», cioè del denaro che le Regioni ricche «regalano» a Roma pagando fior di tasse che non tornano indietro sotto forma di servizi. Quello è il vero sogno dei federalisti, ma per pragmatismo le Regioni del Nord non hanno preteso tanto: si sono limitate a chiedere competenze sulle materie che possono essere cedute (secondo l'articolo 116 della Carta). E sono 23. L'ambizione del Lombardoveneto è fare meglio le cose che faceva finora lo Stato. Farle meglio spendendo meno, in modo tale da investire altrove (su capitoli produttivi) i risparmi generati. A questa «filosofia» della riforma i 5 Stelle lombardi non erano contrari, tanto è vero che il sottosegretario Stefano Buffagni, vicino a Luigi Di Maio, da consigliere regionale lombardo si faceva vanto di aver scritto il testo del quesito che i cittadini hanno approvato col 96% di «sì» (e un'affluenza intorno al 40%). Un accordo «a costo zero» insomma. Questo garantiva il governatore Attilio Fontana nel corso della trattativa. E questo ha garantito anche ieri: «Non togliamo assolutamente nulla al Sud, chiediamo che le competenze che oggi sono gestite dallo Stato vengano in parte trasferite alle Regioni e che vengano trasferite le somme che lo stato impiega per svolgere quei compiti. Poi entro 5 anni si dovrà arrivare ai cosiddetti costi standard». Il tandem Garavaglia-Stefani ha spiegato: «La copertura sarà a saldo zero e le risorse sono garantire tramite la compartecipazione di imposte».

«Nessuna misura di solidarietà nazionale verrà meno e mai saranno sottratte risorse da un territorio in favore di un altro». Ma la faccenda dei costi standard forse imporrebbe a tutti di darsi una regolata nelle spese, superando le storiche inefficienze che incancreniscono certi comparti dell'amministrazione pubblica, anche regionale.

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