RomaLetta? Deposto. Cuperlo? Triturato. Bersani? Parcheggiato ai giardinetti. La Bindi? Esiliata all'Antimafia. Prodi? Costretto a girare al largo. Grillo? Messo ko alle urne. E se Grasso e la Boldrini non sono stati rottamati, è soltanto perché ancora non si vota.
Nessun dubbio, avanti tutta. «Non molliamo di un centimetro». Ma a dire il vero un dubbio Matteo Renzi adesso ce l'ha: «E se fossi io il matto che va contromano?». Prima c'erano i frenatori, poi gufi e rosiconi, ora la carica dei 101 che l'hanno mandato sotto al Senato. E siccome, diceva Oscar Wilde, non si è mai troppo prudenti nella scelta dei propri nemici, l'elenco degli avversari del premier, grandi e piccoli, si allunga ogni giorno.
E passi per Susanna Camusso, che con la Cgil si è messa subito di traverso: lui vuole saltare le mediazioni, lei vuole difendere le rendite di posizione. Pazienza pure per Mario Mauro, cacciato da ministro della Difesa e allontanato dalla commissione Affari costituzionali di Palazzo Madama. Quanto alla dinastia Min, i senatori-giornalisti Augusto Minzolini e Corradino Mineo, non sono loro a preoccupare più di tanto il presidente del Consglio. No, non sono loro. Sono altri.
La novità infatti è la defezione di personaggi fino a ieri vicini. Ha cominciato Diego Della Valle, compagno di curva viola e grande sostenitore di Matteo, che martedì ha sorpreso tutti con queste parole: «La Costituzione è stata scritta da persone come Einaudi, non facciamola cambiare dall'ultimo arrivato con un gelato in mano. Mi auguro che il governo si occupi delle famiglie italiane». Mister Tod's non ha gradito l'incontro tra Renzi e gli odiati Marchionne e Elkann? Oppure se l'è presa perchè il decreto sulla competitività tocca il treno Ntv?
Comunque sia, un nemico in più. Come il commissario alla spending rewiew Carlo Cottarelli, che il giorno dopo ha detto che ci siamo già spesi i risparmi da fare: «Continuando così non sarà possibile abbassare le tasse». Non potendo o non riuscendo a tagliare, si è tagliato da solo, Renzi non si preoccupa: «La revisione della spesa, 16 miliardi, si fa lo stesso. Se non c'è lui, ci sarà un altro».
Non va meglio con i quotidiani. Sul Fatto , Marco Travaglio lo attacca tutti i giorni. Giovanni Bazoli, che da sempre lo osteggia perché lo considera troppo filo-berlusconiano, sta pensando di sostituire Ferruccio de Bortoli con Antonio Polito, il giornalista più visceralmente antirenziano: già adesso il Corriere della Sera fa la guerriglia a Palazzo Chigi, figuriamoci dopo. E se durante la settimana a Repubblica il capo del governo trova buona stampa, la domenica è costretto a sorbirsi l'articolessa ostile assai del fondatore, che non gliele perdona una. Eugenio Scalfari è infastidito dal fatto che Renzi, saggiamente, non gli abbia mai chiesto consiglio: ma come, io parlo con il Papa e lui non mi consulta mai? Poi ci sarebbero le lobby, i boiardi di Stato, gli alti funzionari, i direttori generali della pubblica amministrazione, gli enti più o meno inutili, i generali, i baroni universitari che vogliono restare in cattedra a vita. E i magistrati, che si oppongono alla riforma della giustizia e che non vogliono andare in pensione come i comuni mortali ma restare fino ai settantacinque (75) anni. Lorenzo Pontecorvo, segretario di Mi, vuole una disciplina transitoria. Rodolfo Sabelli, segretario dell'Anm, contesta il tetto agli stipendi, 240mila euro, perché «è garanzia di indipendenza», e si oppone a regolare le intercettazioni. Ultimo arrivato, il neo eletto (per quattro mesi) presidente della Consulta Giuseppe Tesauro: «Per le riforme costituzionali non bisogna correre».
Se ancora non è chiaro l'atteggiamento di Merkel e Hollande, è chiarissimo quello di Jean-Claude Junker che non vuole né la Mogherini né la flessibilità.
«Lo aspettiamo alla prova dei fatti», commenta un Renzi ottimista. La lista dei nemici sconfina e in Italia, oltre il patto con il Cav, gli sono rimasti due soli amici. Due ma fortissimi, il Colle e un sondaggio che lo dà al 44 per cento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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