Baby violentatori col mito di Gomorra

In 12 hanno abusato di una 15enne. Ma le vittime potrebbero essere di più

Simone Di Meo

Si atteggiavano a boss della fiction Gomorra, i dodici minorenni coinvolti nell'inchiesta sullo stupro ai danni di una quindicenne residente a Pimonte, nel Napoletano.

Parlavano come Genny Savastano e Ciro Di Marzio, i protagonisti della serie Sky.

Usavano il loro slang e giravano in motorino, in formazione d'attacco. Proprio come nelle scene più pulp del telefilm. Questi e altri dettagli sono contenuti nell'informativa delle forze dell'ordine che hanno notificato undici misure cautelari in comunità, mentre per un 13enne si procede separatamente. Erano il terrore del piccolo centro. Abituati a sopraffare e a risolvere con la violenza qualsiasi situazione. Tant'è che, sospettano gli inquirenti, la violenza alla 15enne potrebbe essere solo un primo caso su cui indagare.

E, almeno uno di loro, un rapporto diretto con la camorra ce l'ha non solo per movenze e atteggiamento ma per linea di sangue: è il fidanzatino coetano della vittima, colui che avrebbe costretto la ragazzina a subire rapporti sessuali con i suoi complici-aguzzini dietro il ricatto della pubblicazione su Facebook del filmato di un loro precedente momento di intimità. È imparentato con un boss dei Monti Lattari, e vive in una condizione di degrado che gli stessi investigatori non esitano a definire «sconvolgente». Anche sua madre, nel recente passato, è finita nel mirino della Direzione distrettuale antimafia di Napoli per aver partecipato agli affari illeciti della cosca. Soprattutto il gioco d'azzardo.

A denunciare tutto è stata la povera giovane, stanca dei continui soprusi e dalla spirale di orrore e di minaccia in cui è precipitata solo per aver avuto una storia con il leader del branco. Gli undici destinatari della ordinanza di custodia saranno interrogati dal pubblico ministero già nelle prossime ore. Tra poco meno di una decina di giorni invece arriverà la perizia sui cellulari sequestrati dove, secondo la denuncia della ragazzina, dovrebbero ancora trovarsi le immagini dello stupro.

I genitori di alcuni degli indagati hanno chiesto aiuto al parroco, condannando il gesto dei figli senza attenuanti. Altri, invece, hanno preferito tacere sperando che la storia non diventasse di pubblico dominio anche se in piazza ormai ne parlavano tutti.

«Vivo questo momento come un fallimento delle istituzioni», ha detto l'assessore alla

Pari opportunità e alle politiche giovanili del piccolo paese del Napoletano.

«Per me, il ritardo con cui la ragazza ha raccontato l'accaduto - prosegue l'assessore - denuncia la scarsa fiducia che aveva nelle istituzioni».

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