
Quella della banconota da 500 euro è una vicenda paradossale. Introdotta nel 2002, la sua produzione è stata bloccata già nel 2019. Il motivo ufficiale è che in qualche occasione era stata utilizzata per riciclare denaro sporco, ma in realtà con la sua abolizione si voleva favorire un più ampio controllo (tracciamento) di ogni attività finanziaria. Il contrasto all'utilizzo del contante passava anche dal blocco della produzione di questo taglio. Il risultato è che oggi chi ha risparmiato tali banconote a corso legale non di rado, quando va in banca, si trova a doverne giustificare il possesso. Talora è pure costretto a pagare una commissione dell'0,15% se chiede il cambio in tagli più piccoli.
C'è qualcosa di anomalo in tutto questo. Nei secoli passati, infatti, l'introduzione del monopolio della valuta, con la nascita di una moneta "a corso legale", fu un passaggio cruciale nel rafforzamento del potere pubblico. Uno strumento nato dagli scambi e basato sul suo apprezzamento da parte del pubblico veniva ora gestito dal sovrano, che finiva per disporne a proprio favore. Da quella storia non siamo mai più usciti, come testimonia il fatto, ad esempio, che perfino i punti fedeltà dei supermercati si pensi a Esselunga sono regolati in maniera stringente: devono avere una durata limitata, non possono essere utilizzati in altri negozi, non possono essere convertiti in euro, ecc. Gli uomini di Stato hanno bisogno di controllare l'economia e quindi di disporre in maniera esclusiva della moneta. Ma se i 500 euro sono una moneta legale (della Bce), perché adesso la si vuole far sparire? A ben guardare, quello è il passato.
La fase nuova in cui stiamo entrando è caratterizzata dall'euro digitale: da un controllo ben più capillare, poiché ogni nostra risorsa finanziaria deve essere online e quindi visibile e se necessario sequestrabile. Ecco perché, secondo quanti ci governano, è venuto il momento in cui quella banconota va fatta sparire.