Ucciso a coltellate durante una rapina. Diego Damis, 41 anni, negli Stati Uniti dal 2015, è stato ammazzato lo scorso venerdì mentre rincasava dopo una giornata di lavoro nei pressi di Hyde Park, lungo South Greenwood. L'uomo, originario di Perugia, si era trasferito nella metropoli statunitense sette anni fa e aveva trovato lavoro come barista in un locale, «The Cove Lounge».
Il corpo sarebbe stato trovato, come riportano i media locali, dalla polizia alle 8,30 del giorno successivo, sabato. Ancora agonizzante, Damis è stato trasportato al Chicago Medical Center. Ma a quel punto non c'era più nulla da fare. Parla il fratello Andrea: «Mi sono fatto l'idea che Diego abbia lottato contro chi l'ha rapinato e accoltellato mentre tornava a casa dopo una notte di lavoro. Era nel suo carattere, avrà provato a difendersi. È incredibile, un omicidio così feroce forse per 200 o 300 dollari». Assieme alla sorella Laura, Andrea partirà per gli States dove si svolgeranno i funerali: la salma del connazionale non tornerà in Italia ma sarà cremata e tumulata a Chicago dove l'uomo si era trasferito definitivamente. Damis viveva e lavorava nella città americana dal 2015, anno in cui aveva deciso di trasferirsi partendo da Bagnaia, una piccola cittadina a 10 chilometri da Perugia dove viveva con i suoi familiari.
«Diego era una persona con cui faceva molto piacere parlare e confrontarsi - racconta un suo amico, il giornalista Mirko Loche -. Avevamo legato e quell'anno mi disse che aveva deciso di andare oltreoceano per raggiungere sua madre, una donna sudamericana che viveva a Chicago, e per fare un'esperienza all'estero. In città si trovava molto bene». Anche nella vicina Castel del Piano Diego era di casa. Riccardo Marchesi, gestore del circolo del paese alle porte di Perugia, lo conosceva da 20 anni. «Ho avuto sempre un rapporto speciale con lui e con la sua famiglia - spiega -. Un po' per la vicinanza con Bagnaia, un po' per condivisioni di lavoro e passioni. Era un ragazzo in gamba, con un'indole molto artistica ed estrosa».
Marchesi ricorda anche le sue passioni: «Suonava il sassofono, amava la pittura ed era un grande scacchista. Era un vero appassionato e molto bravo a giocare. Era andato in America per rifarsi una vita e, a quanto si legge, ha lasciato un buon ricordo anche lì».
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