La ferita sanguina ancora e brucia parecchio ma Berlusconi non chiude definitivamente la porta in faccia al premier che lo ha appena tradito. Certo, si lamenta che «Io ho sempre mantenuto la mia parola. Renzi no» ma il dialogo sulle riforme resterà aperto. Anche se niente sarà più come prima.
Ma nella giornata di ieri al Cavaliere preme soprattutto far sapere a Mattarella che la sua contrarietà è legata al metodo ma non alla sua persona. Tanto che, appena eletto, da Arcore è partito un telegramma diretto proprio al neo capo dello Stato: «Complimenti e auguri sinceri. Che Dio la protegga». Come a dire: ho fiducia e stima di lei.
Nel Cavaliere c'è anche delusione per il comportamento di Alfano che ha sbattuto i pugni sul tavolo di Renzi ma poi, dopo la minaccia di un rimpasto che lo avrebbe lasciato fuori, è stato lesto a fare inversione a «U». Pancia e ragione. La pancia gli dice che anche dell'ex delfino non ci si può fidare. Poi, recuperata la freddezza, la realpolitik ha il sopravvento. Anche perché «la strada è segnata, dobbiamo tornare insieme». Sull'altro fronte aperto, quello del partito che ieri s'è così platealmente sfilacciato, Berlusconi pare quasi minimizzare. Come se avesse messo in conto che, visto il continuo controcanto dei cosiddetti dissidenti, era logico che le truppe fossero allo sbando. E poi c'è un altro vulnus che Berlusconi sottolinea a chi lo raggiunge ad Arcore, tra cui la portavoce Deborah Bergamini: «Non c'ero io. Una cosa assurda: il leader di un partito che sta facendo le riforme per disegnare la Terza Repubblica segregato qui mentre si elegge il nuovo capo dello Stato». Ed è la stessa Bergamini a diramare una nota che trasuda rabbia: «Forza Italia è stata decapitata del suo leader in uno dei passaggi politici più delicati come l'elezione del capo dello Stato e nessuno dice niente, non è ammissibile una cosa del genere». E l'intera trattativa «non sarebbe certo andata a finire così».
C'è rabbia, certo. Ma da qui a dare un colpo di cesoia al percorso delle riforme avviato assieme a Renzi ce ne corre. Ovviamente «non posso più fidarmi al buio del premier - è il ragionamento del Cavaliere - ma le riforme vanno fatte per il bene del Paese». E Giovanni Toti sintetizza così: «C'è stata la decisione di scegliere una degnissima persona ma con il metodo sbagliato e dunque si interrompe un clima di fiducia e dialogo tra i nostri due partiti. Faremo le riforme ma in un clima che da oggi sarà diverso».
Oggi è difficile pensare a un riscatto dietro l'angolo perché la sconfitta non la nega nessuno ma l'ex premier vuole rimettere in pista la coalizione del centrodestra; anche con l'Ncd che nelle ultime ore gli ha dato un dispiacere così grande. Valuta pure di far saltare l'accordo alle prossime Regionali ma... Conviene andare divisi? Certo, se l'ex premier potesse essere in campo al cento per cento le cose andrebbero diversamente. Ed è la sua assenza che, secondo Berlusconi, è la causa prima dell'implosione del partito, in gran parte addebitabile a Fitto e ai suoi. Le beghe del partito sono messe in conto da Berlusconi, sempre più indispettito dai sospetti, le accuse e contraccuse che macerano Fi.
Malumori destinati presto a riemergere e che in questa fase coinvolgono un po' tutti; anche se il principale imputato sembra essere Verdini. E non passa inosservato un tweet durissimo di Edoardo Sylos Labini: «Sono d'accordo con Fitto. Forza Italia va azzerata ma il primo ad andare via sia lui e si porti via Verdini. Basta traditori!».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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