C'è una signora toscana con la figlia che guarda languida le finestre al sesto piano. «Ho visto entrare la Marina e il Piersilvio, aspetto di vederli uscire» dice alla ragazza un po' imbarazzata dall'entusiasmo senza pudori della mamma. Ottimismo per il Silvio e affetto per la famiglia Berlusconi, che in questi giorni scavalca steccati anche politici. Accanto, sulle inferriate davanti all'edificio «D», il Diamante che accoglie malattie e sofferenze del popolo dei solventi, una bandiera tricolore sventola dalla mattina, presagio della vittoria che arriva.
Si gioca Italia-Svezia tre giorni dopo l'intervento a cuore aperto, il Cavaliere è in poltrona a vedere con gli amici la nazionale che vince. Calcio sì, ma anche politica. Nonostante l'invito di medici e famiglia a riposare e basta, il cuore in ripresa batte per i ballottaggi. Arriva la nota ufficiale: «A Milano tra poche ore si sceglie il sindaco e mi auguro che si premi la serietà, l'affidabilità e la competenza di Stefano Parisi. Conosce questa metropoli perché ne è stato city manager. Conosce le regole della buona amministrazione e dell'economia. Conosce, perché è un imprenditore, il mondo delle aziende. Sono felice di essere riuscito a convincere Stefano Parisi a partecipare a questa sfida e credo di aver fatto cosa buona per la città di Milano. I miei migliori auguri a Stefano e il mio invito ad un buon voto ai milanesi». Un appello forte e chiaro, giusto in tempo per non infrangere il silenzio elettorale. «Oggi si parla di salute e non di politica» aveva tagliato corto Letta. Ma bandire la politica è impresa impossibile, anche in una camera d'ospedale.
«È provato ma sta bene» dice ancora un po' tesa la figlia Marina. Mangia normalmente, per bocca, cibi leggeri. «Contento per l'Italia, un po' meno per il gioco» commenta Gianni Letta. Il bar sport è di un certo livello, con i figli Marina, Piersilvio e Luigi, arrivati uno dopo l'altro in tarda mattinata, gli amici e più stretti collaboratori: al fianco di Letta, Niccolò Ghedini e Fedele Confalonieri. Nessun altro, a parte il fratello Paolo e le figlie Barbara e Eleonora, è autorizzato a varcare il cordone sanitario intrecciato dal professor Alberto Zangrillo, medico personale di Berlusconi, convinto che il «ragazzo si deve dedicare al suo lavoro di malato». Così, non riceve neppure telefonate: «È un malato molto diligente». E le visite inattese, come quella di Alessandro Cecchi Paone che gli ha portato in regalo una cravatta, non riescono a infrangere lo sbarramento di protezione.
La camera, una suite di cento metri con le finestre incorniciate di rosa prese d'assalto da giornalisti e paparazzi, è sommersa di lettere, telegrammi e omaggi floreali. È arrivato anche un cactus, dono insolito per un comune paziente, non per un appassionato di giardinaggio e piante grasse. «Il contesto non è facile per il presidente: bisogna trattenerlo a letto, scalpita per alzarsi. Vuole accelerare i tempi di recupero, che sono già buoni, tipici di una persona di mezza età» dice Zangrillo, È quasi sorpreso, Zangrillo, dall'affettività prorompente, dalla gratitudine quasi fisica per i medici e per gli infermieri.
I controlli clinici sono soddisfacenti, i professori parlano di un decorso ottimale e di una
ripresa dell'attività cardiaca efficace. L'attesa è che Berlusconi rimanga al San Raffaele fino ai primi di luglio. La riabilitazione? È molto probabile che la farà in una delle sue dimore, prevedono i suoi medici di fiducia.
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