«Stai a casa, è meglio». La risposta che arriva da Arcore a quanti in Forza Italia chiedono se sia o no il caso di partecipare alla manifestazione per il «No» organizzata domani a Firenze dalla Lega è la stessa per tutti. D'altra parte, che Silvio Berlusconi non abbia apprezzato l'accelerazione di Matteo Salvini non è un mistero, così come è evidente che non sono passate inosservate le varie interviste in cui il segretario della Lega ha annunciato di volere «rompere le catene» per candidarsi alla guida del centrodestra «anche senza Silvio». Un Salvini, insomma, che galvanizzato dalla vittoria di Donald Trump ha deciso di non perdere tempo e lanciare lo sprint al suo progetto di «nazionalizzazione» del Carroccio, nel tentativo di costruire una Lega che possa raccogliere il voto di centrodestra anche sotto Roma e che vada quindi oltre Berlusconi. Non è un caso che domani in piazza Santa Croce siano attesi solo tre esponenti di Forza Italia: il governatore ligure Giovanni Toti, sempre più vicino a Salvini tanto che ancora ieri rilanciava l'idea delle primarie, e i deputati Daniela Santanché e Luca Squeri. Tutti gli altri - salvo ripensamenti dell'ultima ora - non ci saranno, toscani compresi che - quantomeno per ragioni di opportunità - avrebbero preferito almeno farsi vedere. Per gli azzurri, invece, l'appuntamento è a Padova, dove Stefano Parisi terrà una delle tante tappe del suo Megawatt, il laboratorio del nuovo centrodestra benedetto da Berlusconi. Un incontro nel quale l'ex candidato sindaco di Milano dirà chiaramente che per il centrodestra «è arrivato il momento di decidere da che parte stare»: con il fronte populista delle ruspe o con quello liberalpopolare. Due modelli che, almeno in questa fase, fanno fatica persino a parlarsi.
D'altra parte, fanno notare nell'entourage di Parisi, è Salvini che sta spingendo sull'acceleratore per poter creare le condizioni per poi dettare le regole delle future alleanze. Non è un caso che nelle ultime 48 ore la piazza di Firenze si sia andata trasformando in una manifestazione ostile nei confronti di Forza Italia. O almeno è così che la interpreta Berlusconi, convinto che il centrodestra si stia davvero avvicinando ad un bivio, soprattutto se dopo il 4 dicembre si dovessero aprire scenari da elezioni anticipate. Pubblicamente l'ex premier si guarda bene dall'aprire fronti e sceglie la via del silenzio, ma a chi ha avuto occasione di sentirlo non ha nascosto le sue perplessità. Intanto sul contenuto del messaggio politico, perché - è stato il suo ragionamento - «è sbagliato illudersi che il populismo sia la soluzione di tutti i problemi». E poi sulla tempistica, perché «non è questo il momento di aprire la partita della leadership» visto che ci sono ancora da fare oltre tre settimane di campagna referendaria che richiederebbero invece un approccio unitario. Senza contare che l'ex premier è consapevole del fatto che l'altra faccia della medaglia del progetto di nazionalizzazione della Lega è il tentativo di attrarre verso questo nuovo soggetto non solo l'elettorato ma anche parte della dirigenza di Forza Italia. Inevitabile che Berlusconi non gradisca.
Di qui l'indicazione di restare a casa, anche perché in quel di Arcore non si esclude che Salvini domani possa lanciare
qualche frecciata al Cavaliere direttamente dal palco. D'altra parte, è stato il ragionamento del leader di Forza Italia, da uno che pur di riempire una piazza auspica scissioni nei partiti alleati la cosa non sorprenderebbe.
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