Silvio Berlusconi, rientrato in mattinata a Roma, riunisce a pranzo lo stato maggiore di Forza Italia per fare il punto sulla «ripartenza» post-Regionali. Sul tavolo la linea dura sull'emergenza immigrazione, condivisa con l'alleato della Lega («i nostri elettori sono moderati, ma sono molto arrabbiati anche loro», spiega); una approfondita discussione sul bilancio del partito, con una rigida spending review interna e l'invito a cercare nuove fonti di finanziamento; le riforme costituzionali e il ddl scuola attesi all'esame del Senato con l'incognita Denis Verdini, che potrebbe dar vita a un gruppo in soccorso alla maggioranza renziana a corto di voti alla Camera Alta.
Proprio con l'ex coordinatore nazionale del Pdl Berlusconi avrebbe dovuto incontrarsi nel primo pomeriggio. Il faccia a faccia però slitta alle 21 e non è accompagnato dalle premesse migliori. Nel corso della giornata le agenzie battono la notizia che tredici senatori - appartenenti in parte a Forza Italia e in parte a Gal - sarebbero pronti a seguire il parlamentare toscano in una eventuale scissione. Circostanza tutta da verificare perché secondo altre fonti il numero dei possibili «fuoriuscenti» sarebbe più basso. Di certo Verdini negli ultimi giorni ha alzato il pressing su diversi senatori. Le risposte, però, sono state interlocutorie perché la vittoria di Giovanni Toti in Liguria e la volontà di Berlusconi di tornare a fare politica in prima linea hanno rafforzato Forza Italia. Inoltre i rapporti tra verdiniani e fittiani non sono decollati, anche se tra quest'ultimi Saverio Romano tiene sempre vivi in contatti con Verdini.
Nell'incontro serale - a cui prendono parte esclusivamente i due compagni di tante battaglie politiche - Berlusconi prova a disinnescare la miccia e tagliare la strada alla creazione di gruppi autonomi. Il suo approccio con il parlamentare toscano non è segnato da risentimenti, anche se l'idea di fondo è che le micro-scissioni equivalgono a «convogli lanciati verso il nulla». Tanto più quelle votate ad operazioni di sostegno a un governo di centrosinistra. L'invito, insomma, è quello di riflettere prima di consumare lo strappo.
Sono altri, invece, i temi trattati nel vertice pomeridiano con lo stato maggiore del partito, presenti Giovanni Toti, Deborah Bergamini, Mariarosaria Rossi, Renato Brunetta e Paolo Romani, Anna Maria Bernini, Marcello Fiori, Rocco Crimi, Niccolò Ghedini e Sestino Giacomoni e il direttore amministrativo Giancarlo Vescovi. Berlusconi fa una analisi del voto, sottolineando che il Partito della Nazione renziano «non sfonda al centro e perde voti a sinistra». Berlusconi ribadisce la volontà di tornare in campo e organizzare il «giro delle cento province» perché «è necessario tornare a parlare con i nostri elettori che hanno disertato le urne piuttosto che scegliere altri partiti. Dobbiamo sentire come un dovere il dialogo con loro, dobbiamo riconquistarli, mettendoci in contatto con la società civile». Così come l'ex premier è sempre fortemente intenzionato a portare avanti una operazione di «scouting» e a rivedere la mappa dei coordinatori regionali.
Resta ancora da confermare la cena tra l'ex premier e il presidente russo Vladimir Putin che dovrebbe svolgersi questa sera a Roma. Le diplomazie sono al lavoro e una conferma arriva direttamente da Mosca. Al Cremlino «si sta studiando la possibilità di un incontro tra Putin e Berlusconi» e «non si esclude che si possa svolgere a Roma la sera del 10 giugno dopo l'udienza del presidente russo dal Papa» spiega il portavoce di Putin Iuri Ushakov.
Berlusconi, parlando con alcuni esponenti di Forza Italia, non nasconde la sua amarezza
per l'errore strategico di un nuovo G7 senza Vladimir Putin. «Pensare a come è stato buttato via il grande lavoro che io feci ai tempi del vertice di Pratica di Mare per avvicinare la Russia all'Occidente fa davvero male».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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