Luca Morisi, l'artefice del personaggio Salvini e della sua esplosione social negli anni scorsi, ha fatto un passo indietro per motivi famigliari (nessuno lo ha cacciato), ma la «Bestia» è ancora lì. La macchina del consenso salviniano è attiva anche senza il suo creatore, «funziona con il pilota automatico» dicono fonti leghiste, anche perché tutto lo staff che lavorava alla comunicazione social della Lega con Morisi è rimasto al suo posto e nessuna sostituzione o ingresso è in vista (altro segnale che non c'è stata alcuna epurazione). È vero, però, che la vecchia guardia leghista, quella che ha vissuto senza entusiasmo la rottamazione della vecchia Lega Nord e la sua sostituzione con la nuova Lega nazionalista, non si è certo stracciata le vesti per l'uscita del guru di Salvini, identificato come il ghost writer di quella fase populista, nazionalista e anti-Ue. Molto diversa da quella in cui si ritrova la Lega ora, al governo con Mario Draghi, con l'Italia in stretta dipendenza dai fondi Ue.
In effetti Morisi, prima ancora di lasciare, era un po' sparito dai riflettori. Le tentazioni no-vax della Lega non c'entrano niente, perché il guru è un pro-vax (vaccinato). C'entra invece un cambio di registro per la comunicazione leghista, e in particolare di Salvini, rispetto al passato. Un cambiamento che è, dicono sempre dalla Lega, «figlio della situazione, siamo al governo, Salvini già polemizza con la Lamorgese, con Letta», più di così non si può, dovrebbe stare all'opposizione per alimentare la Bestia come faceva in altri momenti. In più è cambiato anche il clima politico, dopo un anno e mezzo di Covid. Le battaglie urlate funzionano meno, le crociate contro l'Europa suonano stonate in tempi di Pnrr, anche la base leghista (ancora concentrata nel nord più colpito dalla pandemia) ha bisogno di normalità. Non a caso la figura che sta emergendo, anche nelle classifiche di popolarità tra ministri, è quella di Giancarlo Giorgetti, l'antidivo per eccellenza, il moderato amico di Draghi, il consigliere che è sempre stato dietro le quinte. E in un sondaggio riservato della Lega, rivelato dal Giornale, i leghisti preferiti risultano i governatori Zaia e Fedriga, poi ancora Giorgetti, il «Capitano» (soprannome tra il calcistico e il militaresco inventato appunto da Morisi) è solo quarto, otto punti sotto. Perciò si rincorrono le voci di una leadership in crisi, piani per cambiare segretario. «Io prossimo segretario della Lega? Mi secca smentire una follia del genere. Ce ne sono tanti prima di me, ma penso che sia un bravo segretario della Lega. Io lo appoggerò e avrà il mio umile aiuto» dice Fedriga a Un giorno da Pecora.
Il passaggio dalla Lega populista a quella draghiana si sente, la Bestia si è addomesticata. Ma Salvini resta di lotta e di governo, a volte scivolando (come nelle piroette sul green pass), a volte spiazzando i suoi. Come sta succedendo in Veneto, dove ha aperto un filo diretto con Flavio Tosi, cacciato (da lui) nel 2015. Si parla infatti insistentemente di un ritorno di Flavio Tosi nella Lega, o almeno di un'alleanza alle prossime comunali di Verona (2022) tra Salvini e l'ex sindaco.
I due si sono sentiti, e l'altro giorno, a domanda esplicita sul riavvicinamento di Tosi, Salvini ha risposto «non escludo nulla, il mio telefono è sempre acceso». Un'ipotesi che non piace per niente a Luca Zaia, e di conseguenza ai vertici della Lega veneta.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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