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Biden, accuse e sanzioni. "Navalny fu avvelenato dagli 007 della Russia"

Dossier dell'intelligence americana, stretta di Washington e Ue. Mosca: "Nessun effetto"

Biden, accuse e sanzioni. "Navalny fu avvelenato dagli 007 della Russia"

C'è il Cremlino dietro l'avvelenamento di Aleksei Navalny, perpetrato lo scorso 20 agosto a bordo di un volo di linea interno russo per mezzo dell'agente nervino Novichok. L'intelligence americana afferma ufficialmente «con grande certezza» che siano stati gli uomini del servizio segreto russo Fsb, su ordine del governo di Mosca, ad agire con l'intento di eliminare il più determinato e pericoloso oppositore del presidente-autocrate Vladimir Putin. Immediata conseguenza di questa affermazione è la decisione dell'Amministrazione Biden di intraprendere la sua prima azione contro la Russia, in evidente contrasto con lo stile «distratto» adottato da quella del predecessore Donald Trump: l'imposizione di sanzioni contro sette alti funzionari del governo e contro 14 aziende russe del settore biologico-chimico. L'azione americana, definita da una fonte anonima di alto rango a Washington «un chiaro segnale inviato d'intesa con i nostri partner nell'Unione Europea», è stata accompagnata da sanzioni Ue che sono state imposte contro quattro funzionari russi ritenuti protagonisti dell'iniqua incarcerazione di Navalny e della repressione delle proteste pacifiche contro il suo arresto. Aleksandr Bastrkyn, capo della commissione investigativa russa, Igor Krasnov, procuratore generale, Viktor Zolotov, capo della Guardia nazionale istituita da Putin per gestire con durezza l'ordine pubblico, e il capo del servizio carcerario Aleksandr Kalashnikov non potranno più viaggiare in Europa e si vedranno congelare i beni che vi possiedono.

L'iniziativa occidentale si aggiunge alla richiesta delle Nazioni Unite rimasta inascoltata a Mosca di far svolgere in Russia un'inchiesta che appuri le circostanze dell'avvelenamento di Aleksei Navalny. Anche le indagini degli esperti Onu hanno condotto alla conclusione che il tentato assassinio dell'uomo politico russo sia stato voluto dal Cremlino. Ieri Washington ha ribadito la sua richiesta al governo russo di rilasciare subito e senza condizioni Navalny, ottenendo come sempre dal portavoce di Putin un diniego gelido: la linea delle sanzioni, ha sottolineato Dmitry Peshkov, non produce i risultati sperati.

Nei giorni scorsi, Navalny è stato trasferito con un viaggio di 200 chilometri dal carcere moscovita dove era trattenuto dal suo rientro in patria da Berlino nello scorso gennaio al penitenziario di Vladimir. Una struttura dalla fama sinistra, dove in passato si sono verificate misteriose sparizioni di detenuti scomodi. Qui Navalny dovrebbe scontare i circa due anni e mezzo residui della pena che gli è stata inflitta e che lui e i suoi sostenitori, in Russia e all'estero, definiscono politicamente motivata. Il governo di Mosca ostenta che il caso giudiziario di Navalny sia gestito come qualsiasi altro, ma è evidente che le cose non stanno così. Lo dimostra, in primo luogo, la durezza estrema della repressione delle manifestazioni a suo sostegno, che ha portato in tutta la Russia all'arresto di oltre diecimila persone: fatto questo che ha spinto Navalny a deciderne la sospensione per rinviarle a dopo l'estate, a ridosso delle elezioni del prossimo settembre. Ma ne è prova anche la recente e più che sospetta campagna a base di «troll» contro Navalny che ne denunciavano dichiarazioni xenofobe del passato. Campagna che ha spinto Amnesty International a ritirare per lui la definizione di «prigioniero di coscienza».

Ottenuto questo risultato, i media russi filo Putin si sono scatenati contro Navalny, arrivando a definirlo è il caso della direttrice della tv satellitare di propaganda in lingua inglese RT «nazista».

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