La politica estera bifronte del governo italiano sbatte contro il coronavirus. La pandemia mette a nudo le due anime (filo-cinese e filo-americana) dell'esecutivo giallorosso. Al punto che il premier Giuseppe Conte deve correre ai ripari per rassicurare - in un colloquio con la Stampa - l'amministrazione Usa: «Non mi voglio dilungare sull'eventuale geopolitica di chi aiuta; piuttosto, nel caso nostro, sulla geopolitica di chi ha ricevuto e posso confermare che la nostra linea di politica estera di oggi è identica a quella di ieri».
La toppa del premier arriva dopo l'intervista-accusa (su La Stampa) del segretario alla Difesa Usa Mark Esper sui rapporti del governo italiano con Russia e Cina. L'amministrazione di Donald Trump è indispettita dall'uso propagandistico di Putin e Xi Jinping degli aiuti all'Italia per l'emergenza coronavirus. Conte cerca la via d'uscita: «Abbiamo gestito tali aiuti in totale trasparenza sia verso la nostra opinione pubblica sia verso i nostri alleati». «Quel che posso dire - aggiunge il premier - è che tra gli aiuti ricevuti, a proposito dei quali abbiamo espresso pubblico ringraziamento a ciascuno, mi piace ricordare lo specifico memorandum di sostegno all'Italia firmato dal Presidente Trump per un valore di 100 milioni di dollari, memorandum che lo stesso Presidente Usa mi preannunciò alla vigilia con una lunga e calorosa telefonata». Nella stessa giornata, un'altra rassicurazione agli alleati di Washington, giunge dal ministro della Difesa Lorenzo Guerini che - in un'intervista a Repubblica - blinda l'asse con gli Stati Uniti: «Ue e Nato sono i nostri pilastri della politica estera».
Al netto delle parole di Conte e Guerini, il nodo è tutt'altro che sciolto. Perché a spingere l'Italia tra le braccia di Pechino è il ministro degli Esteri grillino Luigi Di Maio. Non un parlamentare di secondo piano, ma il titolare delle relazioni estere del governo italiano. Oltre al fatto che Di Maio resta il capo ombra della prima forza politica in Parlamento. La politica filo-cinese che trova un'ampia condivisione nel Movimento: da Beppe Grillo ad Alessandro Di Battista. E dato che i nodi vengono (prima o poi) al pettine, il governo italiano sarà chiamato a uscire dalla contraddizione. La testa d'Ariete che l'amministrazione americana usa per scardinare l'asse tra Italia e Cina è il coronavirus. Sull'accertamento delle responsabilità di Pechino, l'Italia dovrà decidere in quale metà campo giocare la partita. Un terreno su cui emergono divisioni evidenti. Il ministro della Difesa Guerini sposa la linea filo-americana: «È chiaro che questa partita va affrontata partendo dalla collaborazione tra gli Stati, dalla necessaria trasparenza nella comunicazione e nella condivisione dei dati sul virus». Una strada che il ministro degli Esteri Di Maio non vuole percorrere per non compromettere il feeling con Pechino. E proprio nel giorno in cui Trump alza il livello di scontro contro la Cina sulle presunte colpe nella diffusione del virus, Di Maio elogia la collaborazione nella fase calda dell'emergenza con il governo di Pechino.
Sul tavolo del governo italiano restano altri dossier che rischiano di condurre il Paese al centro di uno scontro tra Usa e Cina: la via della Seta, le mire di Pechino sugli asset strategici (i porti di Genova e Trieste) la rete 5G. Conte dovrà a tenere a bada la spinta filo-dragone del M5S. Ma il rischio di una spaccatura nel governo è altissimo.
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