Succede tutto troppo in fretta in questa coppia pugliese. L'apparenza è un bel quadretto felice. Si incontrano un giorno per caso. Lui è un commercialista e docente della Gallipoli bene, lei gestisce un resort nel Salento. Si piacciono. Si innamorano. C'è l'età che incombe e tanta fretta di fare una famiglia a modo e per bene. È una girandola di emozioni, rapida e vorticosa. E così, appena due mesi dopo, avvolti in un'atmosfera da romanticismo preconfezionato sono già a Parigi, lui che la chiede in sposa, le nozze da organizzare, lei che ha sempre più fretta e accelera, i primi scricchiolii: pochi giorni prima del grande giorno, arriva una raccomandata al futuro sposo che gli fa cadere addosso pezzi di quell'amore perfetto. È l'ex di lei che si fa avanti perché la donna ha un debito con lui di 400mila euro. «Lei- spiega Carra- tra le lacrime ammette i debiti ma nega quella vecchia relazione e per dimostrarlo lo denuncia per stalking». Il colpo è duro, ma famiglia tutta incassa perché in fondo i soldi non sono tutto e c'è un matrimonio da celebrare e gli inviti già spediti. Certo, l'entusiasmo ormai è al ribasso, sceso a patti con la delusione, con mezze verità che diventeranno il trampolino di lancio per brutte liti e infinite contestazioni. Si sposano, ma dopo quattro giorni di convivenza lei torna dalla madre. «Appena sposati mi ha chiesto dei soldi per pagare i debiti. Mi sono rifiutato così sono iniziati i problemi. Poi se ne è andata. Il mio matrimonio è stato una truffa orchestrata per soldi». Accuse gravissime tutte da dimostrare. Quello che è certo è che quei pochi giorni sono bastati per concepire una bambina. «Abbiamo avuto sì e no quattro giorni di intimità. Sono arrivato a pensare che anche la gravidanza era stata pensata a tavolino». Quando nasce la bambina la situazione è più che compromessa e così le visite del padre a casa della madre della piccola sono una vera e propria prova di nervi. «Non mi dava il permesso di prenderla in braccio, di farle una foto da mostrare ai nonni. Ogni volta era più umiliante». A giugno la prima udienza per l'affido ed è un incubo che si avvera per Carra. Il giudice stabilisce la collocazione prevalente dalla madre. «A quel punto è scoppiato a piangere- racconta l'avvocato Emanuela Palamà - e ha gridato: non è giusto». Seguono istanze al giudice, lettere alla madre, suppliche. Passano interminabili mesi. Otto per l'essattenza. Un tempo infinito e crudele quando di mezzo c'è la disperazione e l'impazienza di un padre che aspetta di abbracciare la sua piccola. E quando il giudice -dopo le ferie estive risponde - il risultato è kafkiano. Sceglie di dirottare gli incontri in uno «spazio neutro» presso i servizi sociali. «Un ambiente neutro è uno spazio di osservazione a cui si ricorre quando il rapporto è problematico- spiega la matrimonialista Daniela Missaglia. Ma in questo caso è assurdo. Perché il giudice non usa il buon senso? Invece vedo l'incapacità di un tribunale a reagire in modo tempestivo davanti alla deriva di una madre che usa a suo piacimento il possesso della figlia». «Perchè non posso vedere mia figlia a casa mia? Io sono un docente, insegno diritto. Non sono un mostro da tenere sotto controllo»domanda Carra. Ascoltata da Il Giornale , l'avvocato che difende la madre della bambina, Amelia Misurale si limita a dire: «Le cause si fanno in tribunale e l'avvocato deve tacere con i giornali». Ma come molti processi all'italiana, anche questo ha risvolti gonfi di sciatteria e incuria.
Sembra un'inezia ma da sola fa capire molto: nella trascrizione del provvedimento il giudice inciampa sul Comune di residenza della bimba. Confonde cioè il nome di un paese con un altro. E così, nonostante l'evidente errore trascorrono altri mesi prima che la svista venga corretta. Procedure. Burocrazie. O forse solo tanta insensibilità.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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