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Dimissioni di massa per rimuovere Petrocelli: caos nel governo

Dimissioni di massa per far cadere il presidente della commissione Esteri Vito Petrocelli, che invece vuole mantenere la poltrona

Dimissioni di massa per rimuovere Petrocelli: caos nel governo

Dimissioni di massa per consentire alla presidente del Senato di sciogliere la commissione Esteri, facendo saltare così la presidenza Vito Petrocelli, ritenuto filorusso. Tutte le forze politiche si sono ritrovate sulla necessità di dimettersi pur di consentire alla presidente del Senato Elisabetta Casellati di rimuovere dall'incarico l'ex grillino filorusso.

Il tutto è partito, appunto, da un tweet di Petrocelli, pubblicato in mattinata, in cui aveva fatto sapere di non essere disponibile a lasciare la poltrona. “Non mi dimetto – aveva scritto l’ex pentastellato su Twitter - perché sento di rappresentare la Costituzione, la volontà degli italiani che non hanno più partiti che la rappresentino in Parlamento. Onorerò gli impegni per la pace e il dialogo internazionale che ho preso con gli elettori nel 2018”. Il senatore non solo ha continuato a operare come sempre, ma addirittura avrebbe convocato degli incontri con Russia e Turchia.

Per tale ragione, è stata convocata la riunione dei capigruppo intorno alle 15,00. La strategia, come rivelato da più di una fonte parlamentare, doveva essere quella delle dimissioni di massa, che dovrebbero esserci già nella giornata di domani. Solo così la Casellati può sciogliere la commissione e quindi sollevare il simpatizzante di Putin. L'accordo, però, non c'è stato subito, soprattutto all'interno del centrosinistra, dove i 5 Stelle in un primo momento non si sarebbero ritrovati compatti sulla decisione.

Neanche la riunione della giunta per il Regolamento del Senato, convocata un’ora dopo, era stata sufficiente a sciogliere la matassa. Solo in tarda serata è stato trovato un accordo, consentendo in questo modo di sbloccare l'empasse. Anche i membri M5S della commissione Esteri del Senato rassegneranno le dimissioni.

Le posizioni di Pd e Iv

La prima, intanto, ad aver ufficializzato le dimissioni è stata Laura Garavini, vice di Petrocelli. La senatrice di Italia Viva ha scritto una missiva indirizzata a Davide Faraone, capogruppo dei renziani a Palazzo Madama, in cui ha dichiarato la propria indisponibilità “a continuare a far parte della commissione, fino a quando resta presieduta da chi non gode più della fiducia della maggior parte dei componenti”.

Nel pomeriggio è stata seguita dai democratici, che secondo l'Ansa avrebbero rimesso il proprio mandato nelle mani della presidentessa Casellati. Simona Malpezzi, capogruppo dei dem, già dall'inizio della discussione, comunque, aveva fatto sapere di essere disponibile a ogni soluzione, comprese le dimissioni. Una scelta condivisa subito dal capogruppo dem in commissione Alessandro Alfieri, propenso a perseguire tale strada. Una direzione che intenderebbe intraprendere anche Pier Ferdinando Casini, orientato a rimettere l'incarico in segno di protesta per il caso Petrocelli.

La Lega

Pronti a uscire dalla commissione nella giornata di domani pure i leghisti. "Siamo convinti che i cittadini - hanno dichiarato in una nota i parlamentari Tony Iwobi, Stefano Lucidi e Manuel Vescovi - in questo drammatico momento che stiamo attraversando abbiano necessità di istituzioni funzionanti a pieno regime, in grado di affrontare le delicate questioni che quotidianamente vanno dipanate. La commissione Esteri è fra queste e non merita di rimanere ostaggio di un presidente sfiduciato che ne impedisce la piena funzionalità".

La posizione di Forza Italia

Disponibili a rimettere il mandato i senatori di Forza Italia, che però formalizzeranno soltanto nella giornata di domani il passo indietro. Fanno parte della commissione Esteri a Palazzo Madamia sia Stefania Craxi, in un primo momento scettica sulle dimissioni, che Adriano Galliani. In fase di valutazione, invece, quelli del gruppo Misto e delle Autonomie.

La posizione dei Cinque Stelle

Serve l'arrivo dell'imbrunire per convincere i pentastellati. Paola Taverna, Gianluca Ferrara, Alberto Airola e Simona Nocerino, se in un primo momento erano orientati a non presentarsi ai lavori, convinti dal loro leader Giuseppe Conte, come rivelato da AdnKronos, si sarebbero ritrovati sulla necessità di fare un passo indietro.

Critiche al governo

Dure critiche, intanto, sono arrivate dall’opposizione del governo Draghi. Non ha utilizzato giri di parole Francesco Zaffini di Fratelli d’Italia. “Nuovamente si conferma – ha evidenziato il senatore - la coerenza di FdI e l’ambiguità della maggioranza che a parole vuole le dimissioni di Petrocelli, ma nei fatti corre a garantire il numero e il funzionamento della Commissione stessa”. Del medesimo parere Isabella Rauti, vicario del partito della Meloni al Senato, che ha scagliato dardi verso il M5s: “Non si assume fino in fondo le sue responsabilità, continuando a giocare sull’equivoco”. Adolfo Urso, unico esponente di Fdi in commissione, intanto, ha già rimesso l'incarico.

A prendersela con i pentastellati è pure il renziano Ettore Rosato, che dalla file della maggioranza non ha condiviso la mancanza di chiarezza da parte dei grillini:“Il tentativo di logoramento che Conte e M5s – ha scritto in una nota - stanno mettendo in campo contro il presidente Draghi per cercare di recuperare qualche decimale nei sondaggi è vergognoso”.

Non è mancato, infine, chi ha continuato a difendere Petrocelli. Emanuele Dessì, in rappresentanza del neonato gruppo formato da Cal-Pc-Idv, ad esempio, ha sottolineato come la sua rimozione sia fuori da ogni logica: “Avviene solo perché il suo pensiero è in dissenso alla maggioranza e con un escamotage che costituirà un precedente gravissimo per tutte le altre volte in cui un presidente esprimerà posizioni non gradite”.

L'iter per azzerare Petrocelli

Ciascun presidente dovrà innanzitutto confermare, in modo ufficiale, la volontà a non sostituire alcun componente con dei colleghi di partito. Soltanto nel momento in cui sarà ratificata tale posizione, il presidente del Senato potrà procedere con lo scioglimento della commissione. Quest'ultima, senza componenti, non avrebbe la possibilità di svolgere i lavori previsti.

A tal punto, quindi, la Giunta per il regolamento e alla stessa Casellati, considerando il particolare momento di crisi legato al conflitto in Ucraina, hanno la possibilità di mettere fino all'organo parlamentare, mettendo così fine alla presidenza Petrocelli.

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