Bocciato il piano per le auto green. "Si basa su idee non più valide"

Stroncata la strategia di Bruxelles. "Troppo lenti e pochi investimenti"

Bocciato il piano per le auto green. "Si basa su idee non più valide"
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Mario Draghi boccia politica e strategie automotive di Ursula von der Leyen: visioni sbagliate, ritardi, obiettivi irrealizzabili, innovazione al palo, prezzi delle auto esagerati. Risultato: "Il parco auto europeo di 250 milioni di veicoli continua a invecchiare e le emissioni di CO2 sono rimaste pressoché invariate; gli obiettivi che erano stati fissati si basano su presupposti che non sono più validi", avverte l'ex presidente della Bce nonché ex premier italiano e autore del Rapporto sulla competitività, dossier presentato un anno fa.

E l'altra osservazione, a livello generale, fatta da Draghi ("cittadini delusi dalla lentezza, serve nuova velocità, produrre risultati nel giro di mesi, non di anni; la competitività è a rischio") può essere associata anche all'esito dei tre "Dialoghi strategici" tra la presidente della Commissione Ue, von der Leyen, e parte del settore automotive, l'ultimo la scorsa settimana, i cui risultati tangibili restano nel libro dei sogni.

Draghi, insomma, ha voluto dare una forte scossa alla realtà. Sul bando dei motori endotermici a favore del "tutto elettrico" fissato nel 2035, l'ex premier italiano ha chiaramente detto che "la scadenza era stata concepita per innescare un circolo virtuoso: obiettivi chiari avrebbero spinto gli investimenti nelle infrastrutture di ricarica, fatto crescere il mercato interno, stimolato l'innovazione e reso i modelli elettrici più economici. Si prevedeva che batterie e microchip si sviluppassero parallelamente. Ma ciò non è avvenuto".

Questa imposizione, al contrario, ha dato vita alla chiusura di impianti, decine di migliaia di licenziamenti nonché a massicci ricorsi, come sta accadendo in Italia, agli ammortizzatori sociali. È di queste ore, in proposito, la notizia che Ford taglierà altri 1.000 dipendenti nella fabbrica tedesca di Colonia. Una decisione presa a causa del passo da lumaca delle auto elettriche in Europa.

Da parte sua, la presidente von der Leyen, solo adesso, si è posta questa domanda: "Ma come possiamo essere competitivi se una potenza straniera (la Cina, ndr) detiene le chiavi delle nostre fabbriche? Oggi un singolo Paese (sempre la Cina, ndr) controlla il 75% della lavorazione del cobalto, il 90% delle terre rare e il 100% della grafite. La situazione è critica. Non c'è dubbio. Ma non c'è nulla di inevitabile e con le giuste politiche possiamo costruire la nostra indipendenza", ha affermato rivolgendosi a Draghi, prima che quest'ultimo prendesse la parola.

A questo punto, c'è già chi mette in conto che il prossimo "Dialogo strategico" tra Bruxelles e il settore automotive, previsto in dicembre, possa vedere nuove figure (Draghi?) a discutere con presidenti e ceo delle aziende.

L'intervento di Draghi è anche al centro della nota diffusa da Anfia (filiera italiana automotive), nella quale si ribadisce che "non c'è più tempo da perdere e che servono proposte concrete". Tra queste, "un piano serio di decarbonizzazione del parco circolante dei 250 milioni di auto con età media di oltre 12 anni e con valori emissivi che possono essere largamente ridotti già oggi senza attendere il 2035".

Ci sono pressioni, infine, affinché ai prossimi incontri possano partecipare anche l'Alleanza della 40 Regioni automotive europee, presieduta dall'assessore lombardo Guido Guidesi, e di chi rappresenta i concessionari,

"coloro che sul territorio sono più a contatto con i cittadini europei e costituiscono una filiera indispensabile per far funzionare il sistema, ma sempre evitati dalle consultazioni Ue", denuncia Massimo Artusi (Federauto).

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