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Come salvare i nostri soldi dai furbetti cinesi

Pechino svaluta ancora lo yuan: così difendiamo i nostri risparmi e approfittiamo delle opportunità

Come salvare i nostri soldi dai furbetti cinesi

La manovra con cui la Banca Popolare Cinese ha svalutato il renminbi rispetto al dollaro americano, ha molto accresciuto il saliscendi (la «volatilità») delle Borse, creando pesanti ripercussioni sia sulle valute sia sulle azioni e sulle obbligazioni. Vediamo allora come difendere i nostri risparmi dalla «bomba» di Pechino e provare a sfruttare le occasioni che si presenteranno sul mercato per guadagnare. Tenendo conto di due variabili a cui gli analisti guardano con molta attenzione: il possibile rialzo dei tassi da parte della Federal Reserve e il «Qe» (il «quantitative easing», l'acquisto di titoli di Stato e obbligazioni ) della Banca centrale europea. Se la Fed, tra settembre e dicembre, alzasse i tassi darebbe infatti ulteriore impulso al dollaro, mentre il «Qe» (previsto fino a settembre del 2016) sosterrà i bond del Vecchio Continente. Poste queste premesse, ecco come investire su azioni e obbligazioni e come giocare sui cambi.

Azioni: Vincono Europa e Giappone, ma attenzione a lusso e auto

Nell'immediato in Borsa è meglio guardare con prudenza sia il settore auto sia il lusso: la manovra valutaria avviata da Pechino sottrarrà, infatti, altra forza d'acquisto ai consumatori cinesi, rendendo per loro più costosi i prodotti esportati da Europa e Stati Uniti. Guardando ai prossimi dodici mesi, quelli europei e quello del Giappone sono tuttavia i mercati finanziari con i migliori fondamentali e, quindi, con le maggiori probabilità di proseguire il rally. In tale ambito, particolare attenzione meritano le banche, i gruppi media, quelli che producono beni di consumo (come elettronica o telecomunicazioni) e le società di costruzioni.

In particolare, quest'anno l'Europa dovrebbe registrare un incremento degli utili del 7-10%, grazie all'euro debole, a una ripresa più marcata, al calo del prezzo del petrolio e al «Qe» della Bce (che tenderà a mantenere bassi i tassi d'interesse). Il Giappone, invece, dovrebbe spingere i profitti del 10-15 per cento. Sebbene i loro listini non siano più a «in saldo» come 12-18 mesi fa, chi sottoscriverà fondi azionari Europa e Giappone dovrebbe riuscire a strappare un rendimento intorno al 7-10% nei prossimi 12 mesi. All'opposto è opportuno ridurre il peso in portafoglio di Wall Street sotto al 60%, privilegiando i settori «dinamici» come la tecnologia, il farmaceutico, il biotech e i beni di consumo. Anche i fondi azionari americani small cap sono interessanti, perché numerose medie imprese degli States sono molto esposte ai consumi interni (in ascesa) e poco all'export. Infine, è consigliabile evitare i fondi azionari dei Paesi emergenti, perché più esposti ai contraccolpi del rialzo dei tassi Usa e alle improvvise svalutazioni dei Paesi in via di sviluppo.

Obbligazioni: Bot e Btp? Meglio aspettare e cavalcare gli Usa con i fondi

Cominciamo dai titoli di Stato italiani. Il consiglio è di mantenerli in portafoglio, ma di non acquistarne altri: i bassi tassi di interesse che ad oggi riconoscono e lo spread ai minimi storici, non li rendono particolarmente interessanti. Fanno, tuttavia, eccezione i titoli del Tesoro legati all'inflazione (Btp Italia e Btp-i) che, ai prezzi attuali, scontano un'inflazione vicina allo zero: è sufficiente che nei prossimi mesi il costo della vita segnali un pur modesto rialzo perché le loro quotazioni inizino a crescere in modo sensibile. Passando ai titoli di Stato Usa, se da un lato il rafforzamento del dollaro dovrebbe permettere un interessante guadagno potenziale a 12 mesi, la possibilità di un rialzo dei tassi da parte della Fed suggerisce di evitare i titoli con scadenza tra uno e 5 anni (più sensibili al rialzo dei tassi) e preferire quelli a medio-lungo termine (5-15 anni). Per farlo, è opportuno utilizzare i fondi specializzati o gli Etf (i fondi passivi, legati a un paniere di riferimento, con commissioni ridotte all'osso).

Nel dettaglio gli esperti consigliano di diminuire l'esposizione ai fondi corporate bond, i cui rendimenti sono ridotti ai minimi storici (e peraltro non molto superiori a quelli dei titoli di Stato) per aumentare la scommessa sui fondi high yield (che potrebbero rendere più del 4% nei prossimi 12 mesi), sia europei che americani. In quest'ultimo caso, si potrà così «agganciare» anche la potenziale rivalutazione del dollaro. Per quanto riguarda infine i fondi obbligazionari Paesi emergenti, la raccomandazione è di limitare l'esposizione ai fondi focalizzati sui titoli in valuta locale (che potrebbero soffrire la svalutazione delle monete emergenti) a favore di quelli specializzati sui titoli in dollari.

Valute: bene dollari, sterline e yen, state alla larga dal rublo

Vista la mossa del Dragone, può essere una scelta vincente comperare dollari, sterline, yen e (in piccole dosi) franchi svizzeri; evitando invece le valute dei Paesi emergenti e quelle degli Stati produttori di materie prime. A prescindere da quando la Fed rialzerà i tassi, nei prossimi 12 mesi il dollaro Usa dovrebbe infatti rafforzarsi ancora; rispetto all'euro, in particolare, si stima che possa salire di un ulteriore 10-12%. Anche la sterlina inglese potrebbe salire (+5-7%) entro il primo semestre 2016, soprattutto se la Bank of England decidesse di seguire la Federal Reserve nel rialzo dei tassi. Secondo gli esperti, pure lo yen è, agli attuali livelli, sottovalutato rispetto all'euro (+5-8% il potenziale di guadagno nei prossimi 12 mesi) e persino il renminbi cinese (+7-10% il potenziale recupero sull'euro entro il primo semestre 2016).

Meglio invece stare lontani dalle valute degli altri Paesi emergenti che, a parte qualche caso isolato (come la rupia, sostenuta da un'economia indiana in accelerazione), sono molto esposte ai contraccolpi del possibile rialzo dei tassi Usa. Allo stesso modo vanno evitate le valute dei Paesi grandi produttori di materie prime, come petrolio, rame e oro. In questo ambito, tra le valute più esposte ai ribassi delle commodity figurano il rublo russo, il real brasiliano, il rand sudafricano, il dollaro canadese e quello australiano. Un discorso particolare merita infine il franco svizzero.

La valuta elvetica, che si è rivalutata in modo sensibile dopo che il 15 gennaio di quest'anno è stato eliminato il cambio fisso con l'euro a 1,20, resta una valuta da tenere in portafoglio in ottica difensiva e per piccole percentuali (massimo il 5%): in caso di tensioni sui mercati resta infatti stabile o si apprezza.

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