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Boschi incollata alla poltrona da Lady riforme a caso umano

La ministra fa pressing su Renzi per restare in sella, anche come sottosegretario a Palazzo Chigi. Ma il Pd spera nel passo indietro

Boschi incollata alla poltrona da Lady riforme a caso umano

Ma che fine ha fatto la Boschi, «l'ex ministra dell'ex riforma»? Da madrina onnipresente (anche all'estero) del fronte del Sì, la Boschi dopo la batosta si è defilata «per smaltire la delusione», particolarmente cocente per lei prima firmataria della legge bocciata dagli italiani. L'ultimo tweet della «Meb» è del 2 dicembre, poi nulla, mentre su Facebook ha aggiornato la foto profilo, postando un'immagine di sé con un grande sorriso proprio la mattina dopo aver pianto per la disfatta. Dall'unica esternazione post-referendum, oltre all'apparizione in total black (vagamente luttuoso) al Senato per l'ultima fiducia del governo Renzi e una pagina di giornale comprata da un ammiratore per ringraziarla, si capisce che la ministra uscente non ha alcuna intenzione di mollare («Adesso al lavoro per servire le Istituzioni», «decideremo insieme come ripartire»).

Eppure, più sta in disparte e silente, e più la Boschi in realtà è al centro delle telefonate incandescenti nel toto-nomine di queste ore in casa Pd. Nel governo Gentiloni, ci sarà o verrà costretta al passo indietro? La sua non è una poltrona qualunque visti i rapporti strettissimi con Renzi e il suo ruolo nella riforma che ha travolto il governo. L'ex premier si è dimesso, anche se non ha lasciato la politica come aveva annunciato quando immaginava un esito diverso per il referendum. Ma anche la Boschi si era impegnata a mollare: «Se il referendum dovesse andare male non continueremmo il nostro progetto politico - annunciò in un'intervista tv a maggio - Il nostro piano B? È che verranno altri e noi andremo via. Io e Renzi abbiamo creduto e lavorato insieme ad uno stesso progetto politico, anche io lascio se lui se ne va». E adesso?

Il nodo non è semplice da sciogliere. I rumors di Palazzo raccontano di uno scontro in atto sul destino di Maria Elena. Matteo Renzi le sta consigliando un passo indietro, con un ruolo di primo piano nel gruppo parlamentare o nel partito ma fuori dal governo Gentiloni, per non essere accusata di aggrapparsi alla poltrona dopo essersi impegnata a fare il contrario. A 35 anni ha tutto il tempo per rifarsi, e il beau geste verrebbe apprezzato e ricompensato. Il problema è che l'ipotesi non piace affatto alla Boschi, che non vuole cedere e ammettere così, platealmente, il proprio fallimento al ministero per le Riforme (bocciate). Uno smacco che la «secchiona» di Laterina non vuole subire, dopo tanta fatica e tanto impegno. Nel partito sperano che la Boschi non si impunti e accetti una ricollocazione, se non proprio out almeno con deleghe diverse e ridimensionate. Renzi, pur convinto che la mossa migliore in questo momento sia prendere il largo (almeno fisicamente) da Palazzo Chigi, è pronto a difenderla. Cosa che la Boschi sta pretendendo con estrema decisione, in cambio della assoluta fedeltà dimostrata all'ex sindaco di Firenze fin dagli inizi dell'avventura che li ha portati al governo.

Così si arriverebbe ad una soluzione di compromesso: la Boschi non più ministro delle Riforme, ma sottosegretario alla presidenza del Consiglio, stesso ruolo del potente Luca Lotti, altro esponente del «giglio magico», teorico del revanscismo renziano («Ripartiamo dal 40%!»). Lotti ha la riconferma già in tasca, in quota «fedelissimi» a Palazzo Chigi. Uno sponsor in più per salvare anche Maria Elena? Non è detto, perché il rapporto tra i due, Lotti e Boschi, non viene più descritto come idilliaco, anzi. Il sottosegretario aspirava ad un ruolo centrale che via via è stato assunto dalla Boschi, arrivata a creare quasi una sua corrente in Parlamento e nel Pd. Alimentando sospetti in Lotti, peraltro ricambiati.

Poi, a zavorrare ulteriormente il dossier di «Meb», c'è la questione Banca Etruria, l'inizio del declino del governo Renzi, il crinale tra il consenso popolare per la novità dei rottamatori, e l'impopolarità (o «antipatia», come dice Farinetti) deflagrata nel voto del 4 dicembre. Nello scaricabarile per la sconfitta il nome che torna più spesso è proprio quello della Boschi. Dalla vicenda della banca (padre e fratello) al referendum, due macchie indelebili che hanno segnato l'esecutivo. Gli ultimi giorni confermano l'isolamento in cui è finita la Boschi, ex star luminosa del renzismo. Mercoledì scorso è tornata a Laterina, con la famiglia. I contatti telefonici con Renzi quasi azzerati, racconta il Fatto, mentre il premier sentiva incessantemente gli altri fedelissimi. L'8 mattina, giorno dell'Immacolata, la Boschi non è andate neppure a messa com'è solita fare. In casa con le persone che non la mollano per convenienza. Ma la donna è «una tosta», come recita il titolo di una sua prematura biografia.

Tra poche ore vedremo se avrà vinto l'ultimo braccio di ferro per avere un ruolo nel nuovo governo.

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