Londra Le elezioni regionali che si sono tenute nel Regno Unito giovedì sono un assaggio del piatto forte che sarà servito fra tre settimane alle elezioni europee: una disfatta per il partito conservatore di Theresa May, ma una batosta anche per il Labour di Jeremy Corbyn.
Il voto si è tenuto in Inghilterra e in Irlanda del Nord e al momento in cui il giornale va in stampa i Tory hanno perso complessivamente oltre 1.200 consiglieri e 40 assemblee locali. Il Labour, che in quanto principale partito di opposizione avrebbe dovuto capitalizzare le enormi difficoltà dei conservatori, ha lasciato per strada un centinaio di consiglieri. Un'emorragia di cui si è avvantaggiato da un lato il partito Lib-Dem, che ha guadagnato più di 600 consiglieri. Dall'altro il Green Party (i Verdi) e molti candidati indipendenti che complessivamente guadagnano oltre 800 consiglieri. Il grande catalizzatore del voto è stata la Brexit che ha trasformato una contesa locale in un voto di protesta su come i due principali partiti inglesi hanno finora trattato il divorzio da Bruxelles. Il ministro degli Esteri Jeremy Hunt ha parlato di schiaffo in faccia a entrambi i partiti da parte dell'elettorato. Ma per chiedere cosa? Se da un lato l'affluenza è stata in linea con le precedenti elezioni locali, smentendo chi prevedeva un ingente astensionismo, dall'altro è difficile leggere una chiara indicazione di cosa i cittadini preferiscono in termini di Brexit. Il voto a favore dei Lib-Dem e dei Verdi premia sicuramente partiti che sono a favore della permanenza in Europa, sostenitori di un secondo referendum. Tuttavia il nuovo partito di Nigel Farage, quel Brexit Party che fin dal nome lascia pochi dubbi sul suo credo politico, non ha partecipato alle elezioni. Tutti i sondaggi lo danno in forte ascesa e lo accreditano non solo dei voti dell'ormai defunto Ukip (il precedente partito di Farage, abbandonato per una deriva di estrema destra non condivisa dall'ex leader) ma anche di molti voti di conservatori delusi dalle politiche della May.
La premier inglese, intervenendo prudentemente alla conferenza di partito in Galles, dove non si è tenuta alcuna elezione un militante l'ha tuttavia invitata a dimettersi ha dichiarato che il messaggio per entrambi i partiti è «semplice»: portare a compimento la Brexit. Anche il ministro ombra delle finanze, il laburista John McDonnell, ha dato una lettura simile del voto: Brexit? Dobbiamo risolverla.
Nelle ultime settimane, dopo mesi di frenesia politica per cercare di fare approvare l'accordo di divorzio dall'Ue, le manovre sulla Brexit sono quasi scomparse dai radar politici. Un po' si è tirato il fiato, un po' si è cercato di non dare troppa pubblicità a un accordo inviso a molti parlamentari e militanti. Ora che la batosta si è comunque abbattuta su entrambi, i Tory e il Labour possono riprendere a parlarsi alla luce del sole per trovare una soluzione condivisa che possa avere la maggioranza in Parlamento. La questione verte attorno all'unione doganale con l'Ue. Questa soluzione è sponsorizzata dal partito di Corbyn ma i conservatori vi si oppongono perché limiterebbe la possibilità di Londra di siglare accordi commerciali con Paesi terzi.
Il raggiungimento di un compromesso non è affatto certo e dovrà essere fatto con la calcolatrice in mano per verificare l'eventuale maggioranza parlamentare che lo sostenga. Fortissime sono infatti le opposizioni in entrambi i partiti. Non sprecate questo tempo, disse Donald Tusk meno di un mese fa.
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