Londra Il Regno Unito è uscito dall'Ue il 31 gennaio alle 23 (inglesi), la Brexit è diventata realtà, ma se qualcuno si aspettava che le relazioni tra Londra e Bruxelles sarebbero state finalmente in discesa da ieri si deve ricredere. Ora sul tavolo non ci sono più principi e valori, adesso si discute di soldi e, come ampiamente previsto, le discussioni dei prossimi mesi saranno almeno tanto ostiche quanto lo sono state quelle degli ultimi due anni.
Ieri sia Boris Johnson sia Michel Barnier hanno chiarito quali sono i punti di partenza delle reciproche parti, che sono distanti. Il capo negoziatore europeo, riconfermato da Bruxelles sulla plancia di comando, illustrando il documento che definisce il suo mandato e gli obiettivi dell'Ue nei prossimi mesi di confronto con Londra, ha messo subito in chiaro i paletti. Vogliamo raggiungere un accordo sulla futura relazione economica tra le due aree, ha detto Barnier in conferenza stampa, un'intesa sulla collaborazione nell'ambito della sicurezza e un meccanismo per far rispettare quanto condiviso. E per raggiungere un accordo economico «ambizioso», che non preveda quote e tariffe doganali tra le due aree, Londra dovrà garantire un level playing field, un gioco alla pari con le regole che Bruxelles impone agli stati membri. Consentendo inoltre alla flotte pescherecce europee di poter accedere ai banchi di pesce inglesi.
Il timore dell'Ue è che il Regno Unito, decidendo di scostarsi dalle regole comunitarie per quanto riguarda materie quali la protezione ambientale, i diritti dei lavoratori, le normative di sostegno pubblico alle imprese, possa avvantaggiare commercialmente le sue imprese rispetto a quelle continentali. Più Londra deciderà di divergere da Bruxelles, minore sarà il grado di accesso al mercato comunitario.
Nella stessa giornata di ieri, da Greenwhich dove ha illustrato la posizione del Regno Unito, Johnson ha respinto la richiesta avanzata da Barnier: Londra non si allineerà mai alle normative comunitarie. Il primo ministro inglese ha chiarito che non vuole giocare al ribasso con Bruxelles per quanto riguarda regole e diritti acquisiti; quello che invece esclude è un recepimento automatico di leggi e regolamenti decisi dall'Ue: «Non è necessario, ai fini di un accordo commerciale, accettare le regole europee su competizione, sussidi, protezione sociale, ambiente. Così come l'Ue non dovrà accettare le regole inglesi». Le parti sono distanti su come assicurare che ci sia una competizione non distorta, principio già concordato nella dichiarazione politica di accompagnamento all'accordo di uscita del Regno Unito dall'Ue: Bruxelles vuole un meccanismo vincolante, per Londra basta la parola. Vogliamo un accordo di libero commercio come quello tra Ue e Canada, ha dichiarato Johnson. Non dovessimo riuscirci, allora ci orienteremo verso un trattato in stile australiano. Che però Bruxelles e Canberra non hanno ancora firmato.
Anche sulla seconda richiesta espressa da Barnier, l'accesso per i pescatori dell'Ue alle pescose acque inglesi, le parti sono distanti, con il primo ministro inglese che assicura che sarà data la priorità alla flottiglia nazionale.
Le schermaglie di ieri sono l'inizio di una lunga corsa negoziale che durerà molti mesi. Posizioni distanti e retorica fanno parte del gioco per spuntare, alla fine, un accordo più favorevole.
Cruciale per l'Ue sarà mantenere una posizione compatta adesso che si comincia a parlare di soldi.Il pesce inglese è fondamentale per i pescherecci francesi e olandesi, ma non per l'industria automobilistica tedesca o per l'export italiano.
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