Mezz'ora, il minimo sindacale per un ministro dell'Interno in udienza dal capo dello Stato. E in quei trenta freddi, striminziti minuti, fanno sapere dal Quirinale, si è parlato di «immigrazione, sicurezza, terrorismo, confisca dei beni mafiosi e Libia». Insomma, anche volendo, non ci sarebbe stato tempo di affrontare il tema che sta a cuore a Matteo Salvini, e cioè la decisione della Cassazione sui 49 milioni di rimborsi che la Lega deve restituire. E Sergio Mattarella non voleva, anzi non poteva toccare quell'argomento. Anche se poi la questione dell'agibilità politica del Carroccio Salvini l'ha posta. «Presidente, abbiamo problemi». Mattarella però l'ha bloccato con un gelido «ne prendo atto». Comunque, «mi raccomando, abbassi i toni». «Cercherò di contenermi - la risposta di Matteo - Cosa vuole, è il mio carattere, del resto me ne dicono di tutti colori, mi danno perfino del camorrista».
Alla fine tutti contenti. Il capo dello Stato, che ha dribblato un pericoloso scontro, e il ministro, che si dichiara «soddisfatto» per la tribuna ottenuta. E la sentenza? «Rimane una questione fra me e il presidente della Repubblica. Posso solo dire che è stato un incontro utile per entrambi, positivo, costruttivo, proiettato al futuro. Qualcuno si occupa di passato, oggi ci siamo occupati di futuro, con soddisfazione di entrambi».
Le regole d'ingaggio erano chiare: la richiesta iniziale di un intervento del Quirinale contro il «tentativo di far fuori il primo partito d'Italia» era sfumata nella più neutra richiesta di un colloquio sull'immigrazione, in vista del vertice Ue di Salisburgo. Salvini è stato ricevuto in veste di vicepremier e responsabile del Viminale, non di segretario della Lega. «Come previsto fin da sabato - si apprende da fonti del Colle - non si sono affrontati temi legati ai procedimenti giudiziari e all'operato della magistratura». Quello che si è detto sul verdetto della Cassazione, rimarrà nelle segrete stanze.
Dopo il Quirinale, il ministro dell'Interno è andato a Palazzo Chigi dove ha visto Conte, Di Maio e i ministri Trenta e Tria per «preparare la linea in vista del prossimo summit Nato» Con la Trenta, giura, nessun contrasto sulla chiusura dei porti e le competenze. «Semplici questioni di forma, il governo è compatto e agisce con un voce sola. Le missioni internazionali? Non ci sfiliamo da niente, vogliamo solo che cambino le regole». Il punto caldo è sempre l'immigrazione. «Ci aspettiamo che l'Europa si svegli, che l'Italia non venga lasciata sola».
Non la pensano così i magistrati di Torino, che vogliono «rendere più efficace il contrasto dei reati di odio razziale e discriminazione etnico-religiosa». Per il procuratore capo Armando Spataro «non si può respingere in mare gli immigrati e non vagliare la loro richiesta di rifugiato politico. Se un barcone si attraccasse ai Murazzi sul Po, nessuno potrebbe vietare alle persone a bordo di scendere. Tale comportamento sarebbe oggetto di una nostra indagine». E il pg Francesco Saluzzo: «Sono malamente impressionato per i comportamenti odiosi di quest'ultimo periodo, che incitano all'odio razziale nei confronti di stranieri.
Come se si dovesse comunicare alla gente che è il momento di passare al contrattacco». Salvini replica così: «Bloccare i porti ai trafficanti umani non è un diritto ma un dovere. Chi la pensa diversamente si può presenti alle elezioni e chieda agli italiani».
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