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Cade l’ultimo tabù del M5s: basta con rendicontazioni

La svolta è stata annunciata da Vito Crimi, capo politico reggente del M5s. Tra i pentastellati tensioni per l’ultimatum rivolto a chi è in ritardo con le restituzioni

Cade l’ultimo tabù del M5s: basta con rendicontazioni

Da quando sono entrati nel "Palazzo", gli esponenti del M5s hanno davvero cambiato molte cose, per lo più riguardante la linea politica da seguire. Dalle posizioni euro-critiche all’immigrazione, passando alla questione delle alleanza con altri partiti sono state diverse le giravolte pentastellate. Ora sembra che si sia giunti alla fine anche di un altro capitolo. Sarebbe, infatti, vicino l’addio agli scontrini, quello strumento usato per le rendicontazioni.

È il Corriere della Sera a riportare la notizia che segna una svolta clamorosa in casa grillina. Il tutto avviene dopo un dibattito lungo quasi due anni iniziato durante la campagna elettorale per le Politiche del 2018. Una decisione attesa, forse auspicata da qualcuno, ma che potrebbe essere come l’ennesimo segnale che indica il cambio di passo all’interno del Movimento.

I parlamentari pentastellati avevano chiesto modifiche al regolamento adducendo le scuse più svariate. Attuale è previsto un importo minimo mensile di 2000 euro, più una quota di mille euro per gli eventi, 300 per le spese della celebre piattaforma Rousseau, quella dove a volte si vota per decidere quale posizione il Movimento deve prendere su determinate questioni, e la restituzione di "tutto ciò che non è speso, oltre l'indennità e la diaria forfettaria". Questa voce, nel nuovo sistema, non compare: la quota eventi viene inglobata in un forfettario onnicomprensivo.

La svolta era stata annunciata giovedì da Vito Crimi, capo politico reggente del M5s, con una mail nella quale ha dato il via libera a una nuova forma di regime per le restituzioni: un forfettario che prevede voci e oneri diversi ma che, in sostanza, potrebbe anche permette di non rendicontare nulla. Vi sarebbe solo una differenza: la voce per sostenere l'evento Italia 5 Stelle. In pratica, i parlamentari dovrebbero versare in un'unica soluzione annuale circa 3000 euro. Ma saranno gli stessi deputati e senatori a scegliere se adottare il nuovo sistema o mantenere quello attuale.

Se cambia lo strumento per le restituzioni, diverso è il discorso sui "furbetti" che non versano il denaro. La linea dura contro di loro è destinata ad andare avanti. Entro il prossimo 6 giugno i ritardatari sono tenuti a versare i corrispettivi di fine 2019 mentre entro il 30 giugno dovranno saldare le quote fino ad aprile.

Per chi si ostina a non restituire ci potrebbe essere l’espulsione, anche se ciò potrebbe assottigliare ulteriormente la pattuglia pentastellata alla Camera e Senato. I ritardati a rischio sarebbero una ventina, su 298 totali, ma solo cinque hanno oltre sei mesi di mensilità arretrate da restituire. A rischiare di più, paradossalmente, potrebbe essere il premier Conte. La maggioranza che sostiene il presidente del Consiglio, infatti, non è solida e al Senato conta su numeri risicati.

Il nuovo ultimatum sulla questione restituzioni ha già fatto storcere il naso nel gruppo pentastellato. "Si ricordano di noi solo quando si tratta di guardare ciò che interessa a loro e non quando si tratta di ascoltare le proposte", avrebbe detto un esponente del M5s.

Ammissione, questa, che la tensione in casa grillina esiste ed è alta.

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