La caldaia e quel libretto che fa bruciare la pazienza

Il nuovo registro obbligatorio di manutenzione ha ben 21 astruse pagine: "Ce lo chiede l'Europa", dicono. E invece negli altri Paesi non esiste...

La caldaia e quel libretto che fa bruciare la pazienza

Un'intera pagina, l'ultima, fitta fitta da cima a fondo, è dedicata all'ameno elenco dei ventisei tra leggi e regolamenti che evidentemente sono stati ritenuti indispensabili a regolare la complessa vita delle nostre caldaie. Vedendo la lunga lista inserita all'ultima pagina del nuovo libretto di manutenzione degli impianti termici appena recapitato nelle case di milioni di famiglie italiane, viene da chiedersi se è previsto che li impariamo tutti a memoria, in caso il tecnico che misura i fumi voglia interrogarci.

Dal 15 ottobre sono scattate le nuove regole che impongono di censire non solo la caldaia ma anche tutti gli impianti termici di casa, dal condizionatore ai singoli termosifoni, ai pannelli solari. Risultato, nelle Regioni che si sono adeguate, come la Lombardia, ci si ritrova con corposi e complessi libretti di manutenzione. Ben ventuno pagine, piene di spazi bianchi da riempire con dati via via sempre più astrusi. Non basta dire che tipo di caldaia si possiede, ora bisogna specificare se ci sono split dei condizionatori, pompe di calore, quanto gas si consuma mediamente e perfino quanta acqua ciascun impianto può contenere. Il mio tecnico di fiducia me lo chiede senza nascondere il sarcasmo: «Lei lo sa quanta acqua possono contenere? Beh, nemmeno io». Poi passa avanti, inventa un dato qualunque per il consumo medio e lascia in bianco il dato sulla durezza dell'acqua («tanto il modulo senza quel dato passa lo stesso quando lo inseriamo online»). Totale, 150 euro. La cifra naturalmente, è aumentata di dieci euro proprio per la maggiore complessità dei dati.

Del resto, se volessi fare a meno dell'aiuto del consulente, dovrei studiarmi due pagine di «istruzioni per l'uso», che completano il volumetto. A completare l'assurdità dell'ultima alzata di genio dei nostri governanti, c'è il fatto che ogni impianto deve essere dotato di una «targa», che poi è un adesivo, e che il tecnico compila un altro modulo, di cui mi lascia una copia come ricevuta, e dovrà poi sia spedire alla Regione che inserire nella banca dati via internet. La nostra pubblica amministrazione è così: anche se entra nell'era digitale, non riesce a separarsi del tutto dall'amata carta. Ma se il libretto rimane a me, mi viene da chiedere, a che serve registrare tutte quelle informazioni? In attesa di divinare una risposta per questo imperscrutabile quesito, alzo il telefono e provo a chiamare colleghi e amici in giro per l'Europa, dato che la novità burocratica è, come sempre, giustificata con il solito «ce lo chiede l'Ue». Gli svedesi non capiscono di cosa stia parlando: il boiler in casa per loro è un ricordo del passato e il riscaldamento è gestito da un'apposita società che si occupa di tutti gli impianti di casa. Paghi, ma niente scocciature. In Inghilterra i controlli si regolano con privati autorizzati, ma senza tante cartacce. In Germania il controllo costa 80 euro ogni due anni. Ma non eravamo un'Unione? Lorenzo Epis, consulente di Domotecnica, ci spiega il trucco: «La norma europea prevede controlli obbligatori per tutti gli impianti, ma dalla potenza di 20 Kw in su.

In Italia in media si è stabilito da 10 in su, ma la Sicilia 15 e la Lombardia 5, il che vuol dire che è obbligatorio controllare anche un piccolo boiler. Con un grande ritorno per le casse regionali, naturalmente». Un'altra tassa, in pratica. Che però, nel marasma delle 21 pagine, insieme ai soldi si porta via un bene più prezioso: il nostro tempo.

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