Il Califfo perde Dabiq, la città siriana simbolo dei tagliagole

Le bandiere nere hanno perso Dabiq, la cittadina simbolo siriana dove avrebbe dovuto svolgersi la battaglia della fine del mondo

Il Califfo perde Dabiq, la città siriana simbolo dei tagliagole

Le bandiere nere hanno perso Dabiq, la cittadina simbolo siriana dove avrebbe dovuto svolgersi la battaglia della fine del mondo. Da una parte i musulmani duri e puri e dall'altra gli infedeli, secondo la profezia di Maometto fatta propria dal Califfato. Ovviamente l'Islam ne uscirebbe vittorioso conquistando il mondo.

Per ora le truppe dello Stato islamico si sono ritirate in gran fretta da Dabiq, 15 km dal confine turco, per timore di venire annientate. La cittadina, conquistata dalle bandiere nere nel 2014, è stata ripresa dai ribelli siriani appoggiati dall'artiglieria e dall'aviazione turca. Le fazioni turcomanne hanno guidato l'attacco durato 24 ore. La vittoria è stata annunciata dall'Esercito siriano libero, i ribelli «moderati» che combattono contro il governo di Damasco. Il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, ha confermato la disfatta delle bandiere nere.

La conquista di Dabiq e altri villaggi dell'area fa parte di un'operazione più ampia, nome in codice «Scudo dell'Eufrate», iniziata il 24 agosto. La vittoria di ieri è uno degli obiettivi finali dell'offensiva. Il fondamentale appoggio turco è servito a conquistare 2mila kmq nell'area di Aleppo, dove si sta preparando una tremenda battaglia. I soldati governativi, le milizie sciite come gli Hezbollah libanesi e l'appoggio aereo russo stanno preparando il terreno per la spallata, che dovrebbe spazzare via i ribelli dalla parte occidentale di Aleppo. I turchi hanno giocato d'anticipo consolidando le posizioni nell'area delle fazioni ribelli filo Ankara e ripulendo la zona di confine.

Dabiq non era solo un simbolo dello Stato islamico. Per anni i volontari della guerra santa giunti dall'Europa e da mezzo mondo per unirsi alle bandiere nere sono passati dalla porosa frontiera turca arrivando in Siria in cittadine come Dabiq. Non a caso proprio nei dintorni del luogo simbolo è stato girato uno dei primi video shock di Jihadi John, il boia britannico della Stato islamico, che decapita con un coltellaccio Peter Kassig, l'ex ranger dell'esercito Usa che portava soccorsi e aiuti in Siria, e mescola l'orrore alle minacce: «Qui seppelliamo il primo crociato e aspettiamo gli altri per lo scontro finale». Non a caso la rivista online del Califfato è stata intitolata proprio Dabiq, in onore alla profezia di Maometto sulla battaglia della fine del mondo. Una delle copertine era dedicata a Roma con il fotomontaggio di una bandiera nera che sventola su piazza San Pietro.

I turchi non solo sono sempre più coinvolti nel conflitto siriano, ma hanno spedito carri armati e truppe anche nel nord dell'Iraq, in vista dell'imminente attacco su Mosul, la «capitale» irachena del Califfo.

Il governo di Baghdad ha intimato ad Ankara di ritirare i suoi soldati da Bashiqa, una base dei miliziani curdi. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha ribadito ieri che le truppe resteranno nel nord dell'Iraq: «È anche una garanzia per impedire gli attacchi terroristici in Turchia».

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