Camorra a gamba tesa sulle partite di serie B

Nel mirino della Dda di Napoli due partite dell'Avellino Tra gli indagati Izzo, fresco di convocazione in Nazionale

Simone Di Meo

Torna a rotolare nel fango della camorra il calcio professionistico. Stavolta è una inchiesta della Dda partenopea su un gruppo di trafficanti del quartiere Secondigliano, a Napoli, a svelare gli intrecci tra boss e sportivi per fare soldi facili con le scommesse sicure. Per concorso esterno camorristico sono indagati: Armando Izzo, approdato in serie A col Genova e convocato in Nazionale dal ct Antonio Conte per lo stage pre-Europeo; il centrocampista Francesco Millesi, oggi in forze all'Acireale dopo una puntata nella massima serie col Catania e diverse stagioni con l'Avellino; e l'ex globetrotter di serie D ed Eccellenza Luca Pini che, con Millesi, è finito ai domiciliari. Izzo è invece indagato a piede libero. Accusato di frode sportiva invece Maurizio Peccarisi, anche lui in forze ai «lupi» irpini.

«C'è un'area grigia che si interfaccia con i criminali - ha commentato il procuratore aggiunto Filippo Beatrice -. Vi sono alcuni soggetti che non giocano solo a pallone ma coltivano relazioni per ottenere informazioni e realizzare illeciti». Due sarebbero le partite incriminate: la prima è Modena-Avellino del 17 marzo 2014, terminata 1-0; e la seconda è Avellino-Reggina del 25 maggio dello stesso anno, conclusasi con la goleada dei padroni di casa (3-0). A creare la connessione tra i capi della Vinella Grassi e i due tesserati del club campano sarebbe stato proprio Izzo, nipote dello storico capoclan di Scampia, Salvatore Petriccione.

Secondo l'ipotesi dei pm, i fratelli Antonio e Umberto Accurso (quest'ultimo mandante della sparatoria contro la caserma dei carabinieri di Secondigliano, qualche settimana fa) avrebbero promesso 200mila euro (ridotti prima a 150mila poi a 30mila) a Millesi, attraverso Pini, per avvicinare Peccarisi e convincerlo a far segnare almeno un gol al Modena su cui il gruppo aveva scommesso circa 400mila euro vincendone 60mila. Per il match coi calabresi, invece, Antonio Accurso avrebbe messo a disposizione 50mila euro a Millesi affinché corrompesse alcuni giocatori della Reggina (non identificati) per favorire la vittoria degli irpini sulla quale lo stesso clan aveva scommesso altri 400mila euro incassandone 110mila, al lordo però della tangente pagata.

Un contributo decisivo alle indagini è stato fornito proprio da Antonio Accurso, oggi pentito. L'uomo venne arrestato per omicidio nel 2014 dai carabinieri mentre festeggiava, con i suoi amici, le ricche vincite incassate coi match truccati. È stato lui a raccontarlo e ad aggiungere che, in vista della prima combine, ci furono due incontri preparatori che non si conclusero perché «mio fratello era un po' timido nel dire apertamente quanto volessero per vendersi la partita». Il terzo faccia a faccia fu però decisivo. «Millesi mi disse chiaramente che Castaldo ed altri giocatori che avevano il suo stesso procuratore facevano quello che lui diceva ha raccontato a verbale Accurso ; io gli dissi che noi avevamo Izzo che era disponibile e Millesi mi disse allora che l'unico da convincere era il portiere, Seculin». L'imbroglio non riuscì però per il rifiuto di quest'ultimo («venni a sapere da Pini, che mi mostrò i relativi sms di Millesi, che avevano problemi a convincere il portiere») ma i padrini non si persero d'animo.

«Pini si accinse ad andare a riprendere i 150mila euro ed io ricorda Accurso feci la controproposta di sapere se almeno poteva l'Avellino subire un gol dal Modena. Millesi, che era già in ritiro, fece arrivare la risposta via sms sul cellulare di Pini, che si poteva fare».

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