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Campo libero alle Ong e processi senza fine

I dem puntano a cancellare i dl sicurezza. Addio ai tempi brevi nei procedimenti

Campo libero alle Ong e processi senza fine

Smontare i due decreti sicurezza firmati da Salvini. Invertire la rotta su ong e immigrazione, sul daspo e sui poteri ai prefetti, su tutto l'impianto dato dal Viminale targato Lega. Dall'altra parte, senza il leghista al governo, accelerare sulla giustizia grillina, con lo stop alla prescrizione dopo il primo grado già pronto a entrare in vigore senza ostacoli dal primo gennaio. Eccole le due «bombe», copyright di Giulia Bongiorno, pronte a detonare in caso di un eventuale governo giallorosso: la giustizia e l'immigrazione.

Nel mirino del Pd, come condizione necessaria per un accordo di legislatura con i cinque stelle, ci sono i due decreti firmati dal ministro dell'Interno, il primo e poi la versione bis, che rafforza il precedente. Ma sarebbe un'abiura quella chiesta dai dem ai grillini, visto che, al netto dei dissidenti vicini all'ala di sinistra, sul decreto sicurezza bis c'è la firma ingombrante degli stessi pentastellati. I quali hanno aderito totalmente all'impostazione del provvedimento salviniano fatta eccezione per i maggiori poteri chiesti dal ministro dell'Interno. È dei cinque stelle infatti anche la rivendicazione di aver introdotto la confisca delle navi delle ong alla prima violazione dei divieti imposti dal decreto sicurezza bis, e non solo in caso di reiterazione del reato. E adesione c'è stata anche sull'innalzamento delle multe a un milione di euro. Ora quelle stesse misure rivendicate sono sul tavolo della trattativa del Pd. Che ne vuole la revisione, in rima con abrogazione. «Se arriva a Lampedusa la Sea Watch, magari mentre il governo giura, e sono ancora in vigore quei decreti cosa si fa? - riferivano ieri fonti dem - La nave va multata, sequestrata e le persone che sono a bordo bloccate?».

Sul tavolo dei Cinque stelle con i dem ci sono invece quelle riforme del M5s «a un passo da essere portate a termine». C'è la giustizia, cavallo di battaglia del M5s, stoppata da Salvini in uno degli ultimi consigli dei ministri prima della rottura: «O una riforma della giustizia è importante, vera, pesante, significativa che dimezza davvero i tempi del processo penale, o non siamo al mondo e al governo per fare le cose a metà», diceva il vicepremier bocciando il cuore della riforma Bonafede, il processo penale.

Difficile però che in caso di accordo dem-grillini quella riforma possa andare in porto. Ci andrà di sicuro, invece, quella che è stata la bandiera del Movimento, lo stop alla prescrizione incassato mesi fa: a meno di una legge abrogativa entrerà in vigore a gennaio. Quando era stata approvata, la condizione posta dalla Lega era che si mettesse mano sui tempi dei processi. Per questo l'entrata in vigore era stata posticipata a gennaio 2020, affinché non piombasse sul sistema giudiziario senza altre misure compensative. Ma a oggi, di certo c'è solo che dal primo gennaio la lancetta della giustizia si fermerà dopo il primo grado. Ieri Di Maio, al termine delle consultazioni con Mattarella, tra i dieci punti programmatici ha rilanciato la riforma Bonafede bocciata dalla Lega: «Dimezzare i tempi della giustizia, garantire per cittadini e imprese una giustizia efficace e veloce: noi abbiamo pronta una riforma che porta a 4 anni massimo i tempi per una sentenza definitiva». Intanto però il tempo scorre. E quella che il ministro Bongiorno aveva definito una bomba sui processi detonerà a gennaio.

Con il rischio, con i tempi della giustizia attuali, di lasciare imputati alla sbarra a vita.

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