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Cancellato il tetto agli stipendi dei commessi della Camera

La commissione giurisdizionale per la tutela dei dipendenti di Montecitorio ha bocciato la parte di delibera del 2014 sui tetti agli stipendi dei dipendenti di "livello più basso"

Cancellato il tetto agli stipendi dei commessi della Camera

Saltà il tetto agli stipendi dei commessi di Montecitorio. Anche se l’ufficio di presidenza della Camera ha deciso all’unanimità di presentare appello contro la sentenza, notificata il 30 luglio, e di chiederne la sospensione degli effetti, altrimenti immediatamente operativi. La commissione giurisdizionale per la tutela dei dipendenti di Montecitorio ha bocciato la parte di delibera del 2014 sui tetti agli stipendi dei dipendenti della Camera relativa ai tetti introdotti sugli stipendi dei dipendenti di "livello più basso", come i commessi, i documentaristi, e gli addetti al bar della buvette.

Se l’appello contro la sentenza della commissione - composta da deputati, quasi tutti del Pd - non ribalterà la decisione assunta, l’effetto sarà che mentre i funzionari di alto livello a fine carriera avranno uno stipendio lordo annuo pari a 240 mila euro, come prevede appunto la delibera del 2014, un documentarista a fine carriera avrà uno stipendio praticamente simile, pari cioè a 237 mila euro. Il che vuol dire che mentre per i consiglieri parlamentari - i funzionari di alto livello - non ci sarà più possibilità di aumentare il proprio stipendio con gli anni, ciò sarà ancora possibile per i dipendenti semplici, come ad esempio i commessi. L’altro effetto che potrebbe produrre la sentenza della commissione giurisdizionale per la tutela dei dipendenti, qualora non dovesse essere ribaltata dall’appello, andrebbe ad incidere direttamente sui risparmi previsti nel bilancio della Camera: prima della sentenza i risparmi previsti erano pari a 60 milioni di euro in 4 anni.

Gli effetti della sentenza produrrebbero una diminuzione dei risparmi, che toccherebbero quota 13 milioni di euro. La delibera del 30 settembre del 2014 introduceva un tetto massimo agli stipendi dei consiglieri parlamentari (ovvero i funzionari di alto livello), pari a 240 mila euro lordi, al netto dei contributi previdenziali. Di conseguenza, la stessa delibera prevedeva dei sotto-tetti a seguire anche per le altre categorie di dipendenti della Camera, come i commessi, i documentaristi e i centralinisti. La delibera in questione è stata oggetto di vari ricorsi interni e il 30 luglio scorso è stata notificata alle parti la sentenza emessa dalla commissione giurisdizionale a tutela dei dipendenti, organo interno di Montecitorio, che ha bocciato parzialmente la delibera, nella parte relativa ai cosiddetti ’sotto-tettì annullandoli, riconoscendo invece la legittimità della delibera nella parte relativa ai tetti per gli stipendi dei funzionari. Con il vecchio sistema, viene riferito al termine dell’ufficio di presidenza della Camera, un operatore tecnico - dipendente di ’bassò livello - al termine della carriera percepiva 136 mila euro lordi annui, mentre il consigliere parlamentare - funzionario di alto livello - 358 mila euro annui.

Dopo la delibera del 2014 la situazione risultava la seguente: i dipendenti di basso livello possono percepire fino a un massimo di 96 mila euro lordi annui, mentre i funzionari di alto livello 240 mila euro. Se la sentenza della commissione giurisdizionale dovesse produrre i suoi effetti, si verificherebbe una ’fratturà tra le discipline di Camera e Senato. Non solo: lo stesso organismo di palazzo Madama si è espresso a favore della delibera approvata dal consiglio di presidenza del Senato, dichiarando illegittime le misure solo nella parte in cui non viene prevista una durata temporale della loro efficacia. Inoltre, nella relazione illustrata da Marina Sereni, si sottolinea la contraddizione della sentenza, in cui da una parte riconosce la autodichia della Camera, ovvero la sua autonomia decisionale, così come si riconosce la potestà legislativa dell’ufficio di presidenza, ma poi si giudicano illegittimi e discriminatori i ’sotto-tettì perchè non previsti in nessun’altra pubblica amministrazione.

E ancora: la sentenza parla di lesione della legittima aspirazione dei singoli dipendenti alla progressione dello stipendio, ma è contraddittoria laddove lo stesso diritto non viene riconosciuto per i consiglieri parlamentari, il cui tetto allo stipendio viene confermato.

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