Cara amante, basta avventure. Sposiamoci

La risposta di Giordano Bruno Guerri alla lettera d'estate di Annamaria Bernardini de Pace

Cara amante, basta avventure. Sposiamoci

Ma quanto scrivi, amore mio. Del resto, lo potevo intuire da quanto parli. Se ascoltarti e parlarti mi piace, toccarti mi piace, leggerti e scriverti mi piace meno. Leggo e scrivo di mestiere, e a farlo anche con le lettere d'amore mi sembra come timbrare il cartellino. Però stavolta l'occasione è solenne, solennissima, sono perfino emozionato, e non mi curerò neppure dello stile.

Ti voglio sposare. Anzi, volendo fare le cose proprio per bene: mi vuoi sposare?

Riesco a immaginare la tua espressione, adesso, un sopracciglio inarcato, un mezzo sorriso, ma gli occhi brillano. Conti i fogli, per vedere quanti ne restano, hai voglia di correre alla fine della lettera per sapere subito le conclusioni, però ti fermi, vuoi godertela tutta, parola per parola. Lo so che ci speravi in questa mia proposta, anzi in questa mia domanda. Come speravo di riuscire a farla, io, un giorno, a una donna speciale.

È vero, hai ragione, e hai capito - quasi - tutto di me, della mia vita di oggi. Sono un Peter Pan giulivo e anche incosciente, sempre meno giulivo e sempre più cosciente che si avvicina il tempo del ridicolo, se non smetto di sfarfallare come se avessi davanti l'eternità. È vero, ho delle donne, oltre a te: tre, più qualche porta girevole ogni tanto, e una delle tre crede sul serio di essere l'unica, perché lo vuole credere, e perché mi ha fatto comodo che lo credesse. Non le voglio più, le libero, me ne libero, e non sarò crudele, di certo in segreto ne saranno contente. Non sono gran che, io, con loro, sai?

Nessuna mi dà un briciolo delle emozioni, dell'allegria, dell'autostima e della voglia di vivere che mi dai tu. Solo tu mi sembri meravigliosa, bella davvero, d'intelligenza e curiosità simili alla mia, solo di te niente mi disturba, a partire da quel fastidio dopo il sesso che sempre fa venire voglia di essere altrove. Ci libereremo di tutti gli amanti, le mie e i tuoi. So che ne hai, lo sento, e la gelosia comincia a mordere forte. Non dovremo più fingere, cambiare maschera a seconda dell'opportunità e di chi abbiamo davanti. Non faremo più gli arlecchini vestiti a festa e servitori di due o tre padroni, o padroni di due o tre servitori esigenti. Ci faremo il regalo di una fedeltà spontanea e felice, dell'allegria quotidiana invece di noiosi fuochi pirotecnici, di mettere le pantofole senza vergogna, la sera. Di volerci bene e di lavorare l'uno per l'altro, e per noi.

Ho capito tutto questo quando mi sono accorto che ho subito voglia di rivederti, appena esco dalla tua casa. Non fare quella smorfia di sarcasmo, amore mio, lo so che sono passati sedici giorni dall'ultima volta che ci siamo visti, e che ti chiedi se batterò il mio record di tre settimane. L'ho fatto apposta, e per gli stessi motivi amorosi e amorevoli, gentili e preziosi, per cui tu non ti lamenti che io appaia e scompaia con la stessa facilità. È che abbiamo avuto paura entrambi di noia e indifferenza, dopo la fiammata. Come vedi parlo al passato, quella paura io non ce l'ho più. E neanche tu. Anzi, ce l'abbiamo eccome, ma passerà appena ci prenderemo per mano, e cominceremo a camminare insieme.

Sdolcinato? Certo che sì, se rileggo la mia frase con la quale hai voluto chiudere la lettera: «Il mistero è indispensabile all'amore, che dura finché dura il mistero». Bella uscita a effetto, l'ho ricicciata da qualche aforisma di aforista illustre, ma sapendo bene che anche l'aforisma più efficace è sempre una mezza verità. La verità intera è che l'amore dura anche dopo il mistero, in altra forma. Ti regalo una sentenza solo per noi, che rimanga il nostro segreto: «L'amore dura finché si aumenta la conoscenza dell'altro». Siamo abbastanza complessi, tu e io, da investirci il resto della vita.

Sfumerà il romanticismo, forse, aumenteranno l'uggia delle cose risapute e i piccoli fastidi per cose che all'altro sembrano naturali. Non mi adatterò mai, tanto vale che te lo dica subito, a quel tuo tono da Napoleone che ordina la campagna di Russia ogni volta che c'è da fare qualche cosa e tu trovi che io sia lento e pigro, mentre invece semplicemente so che non si tratta di arrivare a Mosca prima dell'inverno, ma di portare a spasso il cane.

Piccole cose, ben altre ce ne saranno. Ti sei accorta, non ne dubitavo, dell'amore che ho per mio figlio, per quel bambino nato da una storia senza possibilità di futuro. Lui, a parte tutti gli altri, mi ha fatto un regalo che non sospettavo. Ho capito che un figlio è l'unica cosa per sempre, sicuramente per sempre, nella vita di chiunque. Io e te ne avremo due, insieme, e insieme li cresceremo. Mischieranno i nostri caratteri e i nostri volti, e saremo sempre con loro in una famiglia unita. Tu, e io, non saremo più la cosa più importante del mondo, ci libereremo dai nostri spocchiosi io io io io io. È inutile che metti la maschera di donna in carriera, so che lo desideri anche tu, e non avrai mai ricevuto regalo più bello: per sempre.

Rileggo, e vedo subito che mi sono messo nella condizione di un venditore che magnifica al possibile cliente

la bontà del prodotto. Ho dovuto farlo, per dirti che non si tratta di un colpo di testa di cui potrei pentirmi presto. Il motivo vero - e sufficiente - della mia richiesta è un altro, molto semplice. Ti amo.

Vuoi sposarmi?

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